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Cambiamenti climatici, il Mediterraneo diventerà un mare tropicale: conseguenze già in atto e devastanti

Pubblicato: 18/06/2021 19:42

Tra le zone più colpite dal cambiamento climatico c’è il Mar Mediterraneo, dove le temperature crescono il 20% più in fretta rispetto alla media globale. Tra le conseguenze attese, l’innalzamento del livello del mare di oltre 1 metro entro il 2100 e la tropicalizzazione del mare nostrum. Cosa succederà dunque nei prossimi decenni?

Mediterraneo sempre più caldo, a rischio la biodiversità

Tra il 1971 e il 2010 la Terra si è riscaldata e il 90% di questo surriscaldamento ha coinvolto gli oceani e i mari. Il Mar Mediterraneo si è scaldato più di tutti ed è diventato più salato. Inoltre, si tratta di un bacino semi-chiuso ed è tra i mari più sfruttati al mondo da settori economici concorrenti e dalle pressioni ambientali. A lanciare l’allarme sul Mediterraneo è il WWF, con il report Gli effetti del cambiamento climatico nel Mediterraneo – Sei storie da un mare sempre più caldo.

La biodiversità marina è sottoposta a enormi pressioni, mentre solo degli ecosistemi in salute e una biodiversità ricca potrebbero costituire l’unica difesa da un surriscaldamento ormai inevitabile.

Cambiamenti climatici nel Mediterraneo, l’invasione di nuove specie

La tropicalizzazione del Mar Mediterraneo è già in fase avanzata nel Mediterraneo orientale. Un recente studio ha analizzato le acque poco profonde della piattaforma continentale israeliana, con l’obiettivo di confrontare le segnalazioni attuali e storiche di molluschi nativi: delle specie storicamente presenti, solo il 5-12% esiste ancora. Specie non indigene, provenienti dal Mar Rosso, sono invece proliferate e hanno creato un nuovo ecosistema.

Tra le specie non indigene, i pesci coniglio sono tra i più nocivi: divorano la vegetazione, impedendone quindi la rigenerazione e favorendo invece la proliferazione di alghe tropicali invasive.  La vegetazione di foreste algali, spiega il WWF, è importantissima perché favorisce la biodiversità e trattiene il carbonio. Le specie algali invasive invece divengono cibo per i pesci e non trattengono più carbonio, generando piuttosto dei “deserti” marini. Meno dell’1% della barriere coralline superficiali nel Mediterraneo sudorientale è coperto da foreste algali native, a oggi.

Mar Mediterraneo tropicale, ci saranno sempre più meduse

Un’altra grave conseguenza dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo è l’aumento esponenziale nel numero di meduse. Il report del WWf segnala che nel Golfo di Gabes, in Tunisia, alcuni pescatori affermano di catturare solo meduse, mentre in Giappone una rete a strascico di 10 tonnellate è stata affondata dal peso di enormi meduse che aveva catturato.

L’impatto della presenza di meduse si ripercuote anche sul turismo, perché le spiagge invase da meduse urticanti non attirano più turisti e provocano un danno economico alle comunità locali. Inoltre, le meduse possono invadere le gabbie di acquacoltura e ferire i pesci allevati.

La tropicalizzazione del Mediterraneo, con l’innalzamento delle temperature delle acque, aumenta la riproduzione invernale di alcune specie di meduse e rende il mare nostrum più ospitale per meduse invasive provenienti dalle acque tropicali. Nel contempo, l’uso eccessivo di fertilizzanti in agricoltura intacca la sopravvivenza delle alghe marine, creando così delle “zone morte” con basse concentrazioni di ossigeno, inospitali per i pesci ma a cui le meduse possono adattarsi e prosperare in assenza di predatori naturali.

Cambiamenti climatici nel Mediterraneo, in pericolo la Posidonia oceanica

Tra le consegue menzionate dal report c’è anche la sorte che pende sulla Posidonia oceanica, una pianta marina tra le più importanti dell’intero ecosistema marino. La Posidonia si estende in praterie sui fondali sabbiosi, fino a una profondità di circa 40 m, ed è responsabile dell’ossigenazione delle acque. La Posidonia fornisce anche un habitat vitale per circa il 20% delle specie marine del Mediterraneo.

Mentre in superficie i cambiamenti climatici estremizzano fenomeni come tempeste e uragani, sui fondali le praterie di Posidonia smorzano l’energia di onde e correnti, stabilizzano il fondale sabbioso e fissano i sedimenti. In autunno poi le foglie secche raggiungono la superficie e si depositano sulle spiagge, dove permangono per anni proteggendole dell’erosione costiera.

A minacciare il benessere di questa specie ci sono molteplici fattori, tra cui gli ancoraggi indiscriminati nelle aree di navigazione, perché distruggono le foglie e sradicano intere piante. Anche l’innalzamento dei livelli delle acque è un pericolo, perché la Posidonia ha bisogno di luce per la fotosintesi e muore in sua assenza. Infine, le temperature più elevate permettono la proliferazione di alghe acquatiche invasive, che colonizzano le praterie di Posidonia, e l’aumento dei pesci erbivori invasivi che si nutrono di questa specie.