Gli italiani hanno un brutto rapporto col fisco, non riescono neanche a comprendere la differenza semantica tra imposta e tassa. La prima attiene al prelievo generico (imposta sul reddito, Irpef, per esempio), la seconda si paga per un servizio specifico (tasse scolastiche).
In un Paese dove l’amministrazione pubblica ha sempre speso più di quanto abbia incassato – portando il debito pubblico a livelli siderali, ormai oltre il 150% del prodotto interno lordo – non deve sorprendere il fatto che la pressione tributaria sia molto alta. Lo Stato italiano è straordinariamente vorace, vivendo di consenso e regalie alle singole categorie. È costretto a tassare ogni cosa.
Tasse, ce n’è per tutti i gusti
Negli anni Ottanta, uno dei massimi esperti di diritto tributario, il prof. Giulio Tremonti scrisse (con Giuseppe Vitaletti) un volume dal titolo evocativo: “Le cento tasse degli italiani”. Abbiamo tasse per tutti i gusti: si va dalle imposte doganali sugli spiriti e i sacchetti non biodegradabili a quelle sulla numerazione e bollatura dei libri contabili. Dal Superbollo alla tassa di laurea, dai diritti di licenza sulle accise all’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aerei.
Finalmente, dopo tanti governi che hanno promesso di disboscare la “foresta pietrificata” del fisco italiano, Mario Draghi ha intenzione di mettere mano alla semplificazione dei tributi esistenti. Nel discorso alle Camere del febbraio scorso, il civil servant allievo di Federico Caffè ha spiegato come la riforma fiscale va portata vanti con una logica sistemica, affidata ai massimi esperti del settore: “Nel caso del fisco, per fare un esempio, non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta. Un intervento complessivo rende anche più difficile che specifici gruppi di pressione riescano a spingere il governo ad adottare misure scritte per avvantaggiarli”. Siamo passati dall’”uno vale uno” a “conoscere per deliberare” di einaudiana memoria. Non possiamo che gioirne. Così ha proseguito Draghi: “Una riforma fiscale segna in ogni Paese un passaggio decisivo. Indica priorità, dà certezze, offre opportunità, è l’architrave della politica di bilancio. In questa prospettiva va studiata una revisione profonda dell’Irpef con il duplice obiettivo di semplificare e razionalizzare la struttura del prelievo, riducendo gradualmente il carico fiscale e preservando la progressività. Funzionale al perseguimento di questi ambiziosi obiettivi sarà anche un rinnovato e rafforzato impegno nell’azione di contrasto all’evasione fiscale”.
Le tasse si moltiplicano e adempiere agli obblighi fiscali diventa sempre più difficile
Nonostante il nostro sistema tributario sia così frammentato, il gettito è invece molto concentrato: gli incassi assicurati dalle prime dieci imposte valgono 413,3 miliardi di euro che incidono per l’87,5 per cento sul totale delle entrate tributarie. Sono diverse le imposte che hanno un costo di esazione superiore al gettito. Irpef (187 miliardi di gettito, dati 2020) e Iva (164) incidono per oltre il 54 per cento sul totale delle entrate tributarie. I primi 10 tributi pesano per il 90%.
Non solo le tasse si moltiplicano con gli anni, ma anche la normativa cresce in modo elefantiaco: il Testo Unico delle imposte sui redditi (Tuir) dalla sua adozione nel 1986 ad oggi ha subito più di 1.200 modifiche. Il vecchio 749, ora Modello redditi, ha raggiunto 341 pagine e il 730 (che dovrebbe essere semplice semplice), ben 136. E queste sono solo le istruzioni; poi arrivano i chiarimenti, le circolari la cui ultima di oltre 530 pagine è arrivata due giorni prima della scadenza. È chiaro come il sole che con regole siffatte, il tempo necessario per il contribuente per adempiere agli obblighi fiscali si espande non poco: servono oltre 238 ore l’anno, contro le 79 della media Ocse. Negli Stati Uniti si festeggia ancora il giorno dell’indipendenza fiscale – che è fissato qualche mese prima del nostro (fine giugno); purtroppo ogni anno il contribuente, ma chiamarlo suddito sarebbe più corretto, inizia a guadagnare per sé sempre più tardi e con questo andazzo del debito a gogò (tanto paga l’Europa con Recovery Fund) è arduo sperare in una rapida inversione di tendenza.
Lo sapevate che esiste una tassa sulla raccolta dei funghi? Ecco, caro Mario Draghi, liberaci da questo ginepraio, il cittadino non deve essere trattato come un suddito. Come spiegò a tempo debito Ezio Vanoni, il sistema tributario deve rispondere alle necessità di certezza, stabilità e coerenza. Siccome siamo ben lontani, sarebbe bene metterci mano.