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Fit for 55: le reazioni dell’industria al piano verde UE

Pubblicato: 22/07/2021 12:05

La Commissione europea ha approvato il pacchetto legislativo “Fit for 55”, che contiene le direttive e i regolamenti Ue in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità energetica. Il pacchetto rappresenta la roadmap che dovrà essere seguita per arrivare ai traguardi già decisi e fissati nella legge europea sul clima. Ovvero la riduzione del 55% al 2030, da qui il nome Fit for 55, che significa “pronti per il 55”. E l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050. Con “Fit for 55” la Commissione Ue punta a trasformare economia e società. Non tutti i settori industriali hanno accolto con favore le misure. Del resto, alcuni settori economici, soprattutto quelli legati direttamente alle fonti fossili, dovranno perdere di peso a favore di altri più sostenibili.

Polemica nel settore automotive

La proposta della Commissione europea di rendere ancor più stringenti i limiti alle emissioni delle automobili ha sollevato una “forte preoccupazione” all’interno della filiera automobilistica italiana. L’Anfia, l’associazione di rappresentanza dell’intero mondo delle quattro ruote, definisce “insostenibile” lo sforzo che il comparto e il tessuto sociale ed economico del nostro Paese dovranno sostenere per adeguarsi alle misure annunciate dal massimo organo esecutivo dell’Unione europea. Fit for 55 infatti fissa i target di riduzione delle emissioni di CO2 a -55% per le auto (rispetto al -37,5%) e -50% (rispetto al 31%) per i veicoli commerciali leggeri al 2030, introducendo un nuovo target al -100% al 2035. Dal 2035, quindi, stop alla vendita di auto a benzina e diesel, che dovranno essere solo elettriche.

Fit for 55 reazioni industria al piano verde UE

Le reazioni alla “tassa” sul carbonio

L’industria teme che la normativa favorisca la produzione in paesi extra UE, più “permissivi”. Questo esporrebbe i produttori dell’UE a una concorrenza straniera sleale. Per ovviare a questo problema la Commissione europea ha stabilito di introdurre un nuovo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Carbon border adjustment mechanism, Cbam), che fisserà un prezzo del carbonio per le importazioni di determinati prodotti. Da qui al 2025 il Cbam inizierà ad applicarsi al commercio di cemento, ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti ed energia elettrica. Tutto questo inevitabilmente farà lievitare i costi, rischiando secondo le imprese di compromettere ulteriormente – piuttosto che difendere – la competitività europea. Le associazioni industriali di numerosi settori si sono rivoltate non contro lo spirito della norma, ma contro la sua formulazione.

Dalla filiera dell’alluminio

L’alluminio ad alta intensità di CO2 – come quello cinese, prodotto all’85% bruciando carbone – potrà comunque varcare la frontiera senza pagare alcun “dazio” climatico, avvertono le associazioni di settore – tra cui la European Aluminium. Basta che non si tratti di metallo primario, perché semilavorati e prodotti finiti (come le lattine per le bibite) non sono soggetti alla Cbam. Il rischio che la tassa venga aggirata è quindi molto elevato per l’alluminio, che ha una catena di valore lunga ed eterogenea.

Anche l’acciaio teme “Fit for 55”

Molte criticità sono sorte anche nel comparto dell’acciaio. L’ultima versione della normativa Ue copre un ampio spettro di produzione siderurgica, esentando dalla Cbam solo i rottami e le ferroleghe, ma includendo anche acciai speciali e inox, oltre a tubi, rotaie e palancole. Siderweb calcola che la Cbam possa colpire un volume di importazioni tra 27 e 37 milioni di tonnellate, con una situazione problematica soprattutto per i semilavorati, con 9 milioni di tonnellate di materiale soggette a tariffa, e per i piani, il cui import ammonta a circa il 20% della produzione europea.

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La reazione della manifattura

Preoccupazione anche dalle associazioni industriali dei tre principali paesi manifatturieri europei – BDI, Confindustria e Medef. Secondo le tre associazioni, a livello europeo l’obiettivo del 55% potrebbe comportare investimenti per oltre 3.500 miliardi di euro entro il 2030. Mentre le risorse pubbliche disponibili non superano i 1.000 ,iliardi, meno di un terzo. Sorprende poi che in molti PNRR legati al Recovery, i fondi impiegati per accelerare gli obiettivi di sostenibilità nei settori industriali siano limitati. Secondo Confindustria, il dibattito sull’ambiente dovrà essere accompagnato da una politica industriale nazionale ed europea volta a costruire anche un ecosistema per uno sviluppo industriale sostenibile.

Le possibili modifiche

Per diventare legge europea, il “Fit for 55” deve ottenere l’approvazione sia del Consiglio che del Parlamento Europeo. Potrebbero quindi esserci modifiche nella versione finale, considerando le posizioni contrastanti di alcuni paesi membri e di molte associazioni industriali di settore.