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Due bimbe sottoposte a infibulazione durante una vacanza in Africa: il padre arrestato a Piacenza

Pubblicato: 04/09/2021 14:15

Due bimbe infibulate durante una vacanza in Africa, il padre arrestato a Piacenza: è la notizia che emerge in queste ore su un caso finito tra le cronache dopo la denuncia della madre delle piccole. L’uomo sarebbe stato fermato dai carabinieri al rientro in Italia. Al momento non sarebbe chiaro se la donna fosse a conoscenza delle presunte intenzioni del marito.

Due bimbe sottoposte a infibulazione: il padre arrestato a Piacenza

La notizia dell’uomo arrestato a Piacenza dopo la denuncia della moglie sulla presunta infibulazione ai danni delle figlie – due bambine residenti con la famiglia in città che sarebbero state sottoposte alla terribile pratica di mutilazione dei genitali durante un viaggio con il genitore in Africa, loro Paese d’origine – è stata riportata dal quotidiano piacentino Libertà. Secondo quanto riferito, i carabinieri lo avrebbero fermato al suo rientro in Italia e ora sarebbero in corso indagini anche per chiarire se la madre delle minori fosse a conoscenza delle presunte intenzioni del marito.

Bimbe infibulate: il caso e le indagini a Piacenza

Il caso delle due bambine residenti a Piacenza, riferisce SkyTg24, risalirebbe alle prime battute dell’estate e la misura di custodia cautelare a carico del padre sarebbe stata eseguita nei giorni scorsi dai carabinieri. Secondo la ricostruzione finora trapelata, l’uomo avrebbe approfittato di un viaggio in Africa con le figlie per sottoporle a infibulazione. Si tratta di un’atroce pratica di mutilazione dei genitali femminili vietata in Italia, anche se commessa all’estero.

Nel tessuto italiano, una legge specifica del 2006 punisce chi si macchia di questo reato ai danni di donne e bambine, ma la pratica è ancora molto diffusa. Si stima infatti che ogni anno circa 3 milioni di minorenni sotto i 15 anni siano esposte al rischio di infibulazione.

Infibulazione: l’orrore sulla pelle e nell’anima di milioni di donne e bambine nel mondo

Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per “mutilazioni genitali” si intendono “tutte le pratiche di rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni o ad altre alterazioni indotte agli organi genitali femminili, effettuate per ragioni culturali o altre ragioni non terapeutiche“. Si tratta di atti estremamente traumatici che portano a gravi conseguenze per la salute fisica, psichica e sessuale di chi li subisce. Stando a un report condiviso dall’OMS e pubblicato dal Ministero della Salute, aggiornato al 2021, queste pratiche sono ancora principalmente diffuse presso gruppi ed etnie dei Paesi dell’Africa subsahariana e della penisola arabica, ma c’è una trama radicata “anche in Europa e in Italia per effetto dell’immigrazione“.

L’OMS stima che oltre 200 milioni le donne hanno subito mutilazioni genitali nei Paesi in cui si concentra la pratica della mutilazione genitale femminile, di cui si conoscono vari tipi e diversi livelli di gravità. “La più radicale è comunemente chiamata infibulazione“, sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

In base alla Legge 9 gennaio 2006, n. 7 sulle “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazioni genitali femminile“, in Italia chiunque pratichi l’infibulazione è punito con la reclusione da 4 a 12 anni, con pena aumentata di un terzo se compiuta su una minorenne o per fini di lucro. All’art. 6 della stessa legge si precisa che “si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo“.

Per mutilazione genitale femminile (MGF) si intende una procedura che comporta la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o altre lesioni agli stessi per motivi non medici. “Di solito vengono eseguite da un circoncisore tradizionale con una lama e senza anestetico – si legge in un approfondimento pubblicato sul sito del Parlamento europeo –. Sebbene sia internazionalmente riconosciuta come violazione dei diritti umani, si calcola che siano circa 68 milioni le ragazze in tutto il mondo che rischiano di subire questa pratica prima del 2030“.