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Fare il bidello è un lavoro usurante? Ma per favore!

Pubblicato: 22/09/2021 16:09

Il governo giallo-verde guidato da Giuseppe Conte, nato dopo le elezioni del 2018, decise improvvidamente di favorire il pensionamento anticipato di numerose categorie di persone che avevano raggiunto 62 anni di età e 38 anni di contributi. La cosiddetta “Quota 100”.

Il leader della Lega Matteo Salvini – convinto dal suo consigliere economico, Claudio Borghi – promise che per ogni lavoratore in pensione, ci sarebbero state ben tre nuove assunzioni di giovani. Tutto ciò non si è verificato, naturalmente ma intanto questo provvedimento è costato ai contribuenti diversi miliardi di euro.

Lavori usuranti e sindacati

Con Mario Draghi sulla plancia di Palazzo Chigi i regali a chi vuole andare in pensione in via anticipata non sono più ammessi, per cui “Quota 100” a fine anno va ad esaurirsi. I sindacati – forti del fatto che ben il 50% dei loro iscritti è pensionato – si sono opposti e hanno perorato la causa dei “lavori usuranti”, che sono stati definiti da una Commissione ad hoc, costituita ben due anni e mezzo fa. La faticosa incombenza ha prodotto un risultato al limite del ridicolo: i lavori usuranti comprenderebbero ben 203 mansioni: “Todos caballeros”! Forse, si faceva prima a stabilire quali fossero i lavori “non usuranti”.

Il risultato era prevedibile visto che il presidente di questa Commissione è Cesare Damiano, una vita nella CGIL e già ministro del Lavoro dal 2006 al 2008 (Governo Prodi II), per il quale a 60 anni tutti devono poter andare in pensione con una pensione indipendente dai contributi versati. Damiano è un epigono del “dirittismo”, per cui esistono solo diritti e mai doveri. Giuseppe Mazzini scrisse, per i posteri, “I doveri dell’uomo” ma evidentemente è stato dimenticato.

Bidelli, macellai, portantini e cassieri: si faceva prima a dire quali lavori non sono usuranti

Dalle prime anticipazioni, pare che tra i lavori usuranti ci siano, oltre ai bidelli, le colf, i commessi, gli insegnanti delle scuole primarie, i cassieri, i portantini, i forestali e i macellai. Tagliare la carne, coi tempi che corrono, in cui sono numerosi i soggetti sdraiati sul divano grazie al reddito di cittadinanza, è veramente faticoso.

Coloro che avranno svolto una mansione “usurante” per sei anni negli ultimi sette (o sette negli ultimi dieci), avranno diritto ad andare in pensione a soli 63 anni, purchè abbiano 36 anni di contributi.

La politica economica dovrebbe essere disegnata al fine di favorire la partecipazione al mercato del lavoro, che in Italia è particolarmente bassa (tasso di occupazione pari al 58,1%), specialmente per le donne e nel Sud Italia. Inoltre, visto che la speranza di vita è aumentata in modo significativo – si vive di più, un regalo della scienza – si deve lavorare di più, altrimenti si creano buchi contributivi nelle casse dell’Inps.

Quando è avvenuta l’Unità d’Italia nel 1861 la speranza di vita al momento della nascita era 37 anni. Oggi, chi nasce, vivrà in media 88 anni. Un risultato straordinario. Queste sono informazioni che vanno date al pubblico, altrimenti tutti si sentono in diritto di andare in pensione ad un’età dove si è ancora giovani. Perché a 60 anni, oggi, si è nel pieno delle forze.

19 milioni per sostenere Quota 100: “E io pago!”

Secondo un Report dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, fino al 31 agosto 2021 sono state accolte oltre 341.000 domande di Quota 100 per una spesa sostenuta e da sostenere di oltre 18,8 miliardi fino al 2030. Quasi 19 miliardi di euro. Un’ enormità, che va a favorire soggetti che non sono in difficoltà, che hanno in molti casi un altro reddito in famiglia. Per queste categorie dovrebbero aumentare le penalizzazioni, per cui, per esempio il calcolo della pensione dovrebbe essere effettuato completamente col metodo contributivo (che è il metodo meritocratico, la pensione è commisurata ai contributi versati e rivalutati nel tempo). Invece per i beneficiari di Quota 100, la gran parte della pensione è calcolata col metodo retributivo, che non considera i contributi versati, ma altre variabili. Diciamolo a gran voce, il metodo retributivo prevede nella stragrande maggioranza dei casi un vero e proprio sussidio (bonus, aiuto, chiamatelo come volete) a favore dei pensionandi. “Chi paga”, direbbe Ugo La Malfa? La fiscalità generale, ossia i lavoratori, giovani e meno giovani, le partite iva, anche coloro che lavorano come precari (con ben pochi diritti), che tutti i santi giorni pagano con i contributi versati la pensione a soggetti che lavorando meno del dovuto, vivranno anche a lungo. Lunga vita a tutti quanti, ma cerchiamo di far arrivare le risorse, per definizione scarse, a chi ne ha veramente bisogno.

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2021 08:44