Trattativa Stato-Mafia, è arrivata la sentenza della corte d’Assise d’Appello di Palermo per gli imputati Marcello Dell’Utri, e gli ex ufficiali del Ros Mori, De Donno e Subranni. L’accusa era quella di minaccia al Corpo politico dello Stato, che gli era valsa una condanna in primo grado.
I giudici hanno deciso anche in merito al pentito Giovanni Brusca, al boss Leoluca Bagarella e il capomafia Nino Cinà.
Trattativa Stato-Mafia: la sentenza della corte d’Assise d’Appello di Palermo
Dopo tre giorni di camera di consiglio i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Palermo si sono espressi in merito agli imputati Marcello Dell’Utri e i tre ex Ros Mori, De Donno e Subranni. Una decisione arrivata a quasi due anni e mezzo dall’inizio del processo di Appello e che ora ha visto tutti e quattro gli imputati assolti in quanto il reato non sussiste.
Nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo erano presenti i sostituti procuratori generali Sergio Barbiera e Giuseppe Fici, gli avvocati della difesa e il collegio presieduto dal giudice Angelo Pellino e a latere Vittorio Anania che ha letto la sentenza; assenti invece gli imputati. La procura di Palermo aveva chiesto nella requisitoria la conferma delle condanne inflitte in primo grado a boss, ex carabinieri e politici imputati di minaccia a Corpo politico dello Stato, in quanto non esiste in giurisprudenza il reato di Trattativa Stato-Mafia.
Nella sentenza sono state dichiarate prescritte le accuse a Giovanni Brusca, mentre è stata ridotta al boss Leoluca Bagarella; confermata invece la condanna al capomafia Nino Cinà.
La Trattativa Stato-Mafia
Con Trattativa Stato-Mafia si intende i contatti che secondo la sentenza in primo grado, letta il 20 aprile 2018, sono avvenuti tra esponenti delle Istituzioni e rappresentanti di Cosa Nostra a partire dal 1992, successivamente all’omicidio dell’onorevole Salvo Lima. La Trattativa è stata poi portata avanti a partire dalla stagione stragista, dove, tra le vittime si annoverano i giudici Falcone e Borsellino.
La trattativa Stato-mafia sarebbe stato quindi il frutto di un ricatto della mafia esercitato attraverso le stragi, al fine di costringere lo Stato a un compromesso.
Le sentenze in primo grado
In primo grado Dell’Utri, Mori e Subranni, insieme al medico di Totò Riina, Antonio Cinà, erano stati condannati a 12 anni di carcere ciascuno. 8 anni invece per De Donno.