Nella giornata di oggi, 22 ottobre, è indetto uno sciopero dei tassisti. Si tratta di un fermo nazionale che sta coinvolgendo le principali città italiane, compresi gli aeroporti e le stazioni ferroviarie. Ecco quali sono le motivazioni alla base dello sciopero e come sta procedendo la mobilitazione.
Sciopero taxi, quali sono le motivazioni del fermo nazionale
Lo sciopero dei tassisti è iniziato stamattina alle 8 e proseguirà fino alle 22 di sera. I sindacati aderenti sono Ugl taxi, Federtaxi Cisal, Tam, Satam, Claai, Unimpresa, Usb taxi, Or.S.A taxi, Ati Taxi, Fast Confsal e Associazione Tutela Legale Tai.
Come riporta l’Ansa, i sindacati hanno fatto sapere che a Roma “Una delegazione di alcune centinaia di tassisti si trova in via Molise, sotto la sede del Ministero dello Sviluppo Economico: manifestiamo per una regolamentazione delle app e contro l’abusivismo nel settore“. A Torino sono state circa 300 le adesioni, con un corteo che è partito in mattinata verso via Po e ha bloccato la viabilità della zona a partire da Piazza Vittorio. A Milano, i taxi hanno sfilato in corteo fino alla stazione Centrale, scortati dalla polizia locale e dai carabinieri.
Sciopero nazionale dei taxi: le richieste del settore
L’astensione dal servizio ha coinvolto tutte le principali piazze italiane e i principali scali aeroportuali, compresi Fiumicino a Roma e, a Milano, Linate e Malpensa.
TgCom24 riporta le parole dei sindacati secondo cui “più dell’80% dei conducenti ha aderito al fermo nazionale”, per chiedere dopo 3 anni di attesa “l’emanazione dei Decreti ministeriali necessari a introdurre strumenti di controllo che rendano possibile contrastare il dilagante fenomeno dell’uso improprio e abusivo delle autorizzazioni di noleggio”.
Nello specifico, i tassisti chiedono di “emanare anche lo specifico Dpcm necessario a disciplinare l’uso delle piattaforme digitali nel settore, al fine di evitare sovrapposizioni improprie tra il servizio taxi e quello di noleggio a rimessa“.
Alla base dello sciopero dei tassisti vi sarebbe dunque l’uso “disinvolto delle applicazioni tecnologiche”, grazie alle quali, riferiscono i sindacati in un comunicato, “chiunque può svolgere il nostro lavoro utilizzando vettori di tutti i tipi”. Per i sindacati si tratterebbe quindi di una invasione del “nostro specifico comparto d’azione nel quale in uno stretto contesto di norme, noi siamo invece costretti ad agire“.