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Erdogan minaccia di cacciare 10 ambasciatori occidentali dalla Turchia per la richiesta di rilasciare Osman Kavala

Pubblicato: 23/10/2021 20:44

Rapporti sempre più tesi tra la Turchia e l’Occidente, dopo che il presidente Recep Tayyip Erdogan ha minacciato di cacciare 10 ambasciatori occidentali dal suolo turco. La mossa è arrivata dopo che alcuni Stati, tra cui Francia, Germania, Paesi Bassi e Norvegia, hanno firmato una lettera in cui si chiede il rilascio di Osman Kavala, attivista e imprenditore in prigione da 4 anni. Il Consiglio d’Europa aveva avvertito Erdogan che avrebbe avviato una procedura d’infrazione entro novembre, in caso di mancata liberazione di Kavala. Il Sultano sembra voler forzare la mano, anche in vista di un’opposizione interna che si compatta in vista delle elezioni, cruciali, del 2023.

Erdogan vuole cacciare dalla Turchia 10 ambasciatori occidentali

Il presidente turco Erdogan annuncia l’intenzione di cacciare gli ambasciatori di Canada, Francia, Danimarca, Germania, Norvegia, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. “Ho dato il necessario ordine al nostro ministro degli Esteri e detto cosa deve essere fatto: questi 10 ambasciatori devono essere dichiarati persona non grata“, ha dichiarato durante un discorso riportato da Reuters, “Impareranno e capiranno la Turchia. Il giorno in cui non conosceranno e comprenderanno la Turchia, se ne andranno“.

I 10 ambasciatori non sarebbero quindi più graditi nel Paese, a seguito della firma su una dichiarazione congiunta per la liberazione di Osman Kavala. “Vanno a dormire, si svegliano e pensano a Kavala“, ha continuato Erdogan, “Kavala è il rappresentante turco di Soros. Dieci ambasciatori si recano al ministero degli Esteri per lui. Che impudenza!“.

L’appello per Kavala e le reazioni in Europa

Il caso è scoppiato dopo che lunedì i 10 ambasciatori hanno firmato un appello chiedendo una “rapida e giusta” risoluzione del caso di Osman Kavala. In particolare, i diplomatici hanno ricordato a Erdogan che l’imprigionamento dell’attivista infrange le regole del Consiglio d’Europa, organizzazione europea per la difesa dei diritti umani a cui la Turchia ha aderito. Il Consiglio aveva espresso forti critiche per l’arbitraria detenzione di Kavala in assenza di prove dovuta, secondo la revisione del caso, a motivi politici.

I 10 ambasciatori hanno evidenziato come i continui ritardi del processo “gettano un’ombra sul rispetto della democrazia, il dominio del diritto e la trasparenza nel sistema giudiziario turco“. David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ha commentato duramente le parole di Erdogan: “La decisione del governo turco di espellere dieci ambasciatori è il segno di una grave deriva autoritaria. Non ci lasceremo intimidire“.

Chi è Osman Kavala e perché è in prigione

Osman Kavala è un imprenditore e attivista per i diritti umani attualmente detenuto in Turchia. Il 64enne di Istanbul ha fondato diverse ONG e promosso iniziative culturali che spaziano dalla promozione di eventi artistici alla difesa dell’ambiente, collaborando anche con agenzie dell’Unione europea. Kavala è stato arrestato il 18 ottobre 2017 con le accuse di aver tentato di rovesciare il governo di Erdogan e l’ordine costituzionale.

Le accuse contro Osman Kavala

I sospetti sarebbero legati a un suo presunto coinvolgimento nelle proteste di Gezi Park del 2013, che il governo turco ha dichiarato essere “rivolte” aizzate da “gruppi terroristici” presenti in Turchia. Kavala è stato poi accusato di aver preso parte al tentativo di colpo di stato del 15 giugno 2016. La polizia gli avrebbe chiesto conto di presunti contatti con intellettuali, giornalisti e attivisti e dei suoi legami con l’Unione europea. Il primo novembre del 2017, l’imprenditore è stato posto agli arresti prima del processo, con la giustificazione che avrebbe potuto inquinare le prove a suo carico.

Secondo il magistrato della prima Corte di Istanbul, infatti, esisterebbero concrete evidenze della sua colpevolezza, nonostante Kavala si sia sempre dichiarato innocente. Le richieste di rilascio sono state rigettate più volte e la sua detenzione è continuata nella prigione di massima sicurezza di Silivri. Tra febbraio e marzo del 2020 è stato assolto, ma non è stato liberato per la nuova richiesta di arresto con l’accusa di “spionaggio politico o militare”.