Vai al contenuto

Smart working, ormai non si torna più indietro. In post pandemia resterà in 9 grandi aziende su 10. Un bene o un male?

Pubblicato: 30/11/2021 15:12

Ormai non si torna più indietro. Lo smart working, il lavoro agile che abbiamo imparato a conoscere in Italia grazie alla pandemia, è destinato a restare anche nell’era post covid-19. Questo è quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.

Nel corso del 2021 con la campagna di vaccinazione che andava avanti e il numero dei casi positivi in calo, il numero degli smart worker è passato da 5,37 milioni del primo trimestre a 4,07 milioni del terzo trimestre. Un calo giustificato dal ritorno in ufficio di milioni di lavoratori sia nel pubblico che nel privato.

Un ritorno in ufficio che però non segnerà il declino definitivo del lavoro da casa. Sempre più aziende si sono rese conto dei benefici che si celano sia in termini di produttività che di ottimizzazione dei costi.

Siamo arrivati certamente tardi a capirlo, visto che in altre nazioni europee, si pensi a quelle del Nord Europa, lo smart working è una formula usata già da molti anni. Qui nel nostro paese si è dovuto vincere prima la titubanza dei datori di lavoro, impauriti dal fatto di non poter avere un controllo sui propri dipendenti durante le ore lavorative. E da questo punto di vista i benefici ci sono, ma non mancano però anche i lati negativi di questa scelta come vedremo nel corso dell’articolo.

Aumento dello smart working nei prossimi anni

I numeri dicono che al termine della pandemia le organizzazioni prevedono un aumento degli smart worker rispetto ai numeri registrati nel terzo trimestre di quest’anno.

“Si prevede saranno 4,38 milioni i lavoratori che opereranno almeno in parte da remoto (+8%), di cui 2,03 milioni nelle grandi imprese, 700mila delle PMI, 970mila nelle microimprese e 680mila nella PA” – si legge. Lo smart working resterà o sarà introdotto almeno nel 90% delle grandi aziende. In particolare nella PA si proseguirà con un sistema “ibrido” basato su un lavoro a distanza per 3 giorni a settimana e i restanti in sede.

Ma cosa spinge le imprese ad adottare lo smart working anche dopo che l’era pandemica (si spera presto) sarà terminata? Sicuramente i benefici del lavoro agile riscontrati sia dalle aziende che dai lavoratori.

Smart working: quali benefici?

Quanto ai lavoratori la combinazione lavoro – ambiente domestico ha consentito una maggiore produttività che alcune ricerche hanno stimato anche nell’ordine del 15%. Anche il tempo è ottimizzato visto che non ci sono perdite per il tragitto casa-luogo di lavoro. Si può stimare, ad esempio, che il tempo medio risparmiato da uno Smart Worker per ogni giornata di lavoro da remoto sia di circa 60 minuti.

Per le aziende è sì più difficile controllare l’operato dei propri lavoratori, ma questa formula ha innanzitutto ridotto drasticamente l’assenteismo. Poi il risparmio in termini di costi per l’uso di spazi fisici è calato vertiginosamente. Quindi dinnanzi a tutti questi benefici verrebbe da dire che l’uso prolungato del lavoro agile anche dopo la fase emergenziale sia scontato.

I rischi dello smartworking: overworking e tecnostress

Ma attenzione perché l’osservatorio ha lanciato l’allarme anche sui possibili rischi collegati allo smart working. Rischi che si chiamano: overworking e tecnostress. Il primo caso si verifica quando si lavora decisamente troppo anche oltre le ore stabilite. Succede che stando a casa non avvenga quello stacco lavoro-vita privata come accade quando si esce dall’ufficio. E questo può portare a lavorare anche oltre le consuete ore portando ad episodi di stress psicologico.

Nel secondo caso è quell’effetto collaterale dovuto all’uso prolungato di tecnologie e strumenti informatici indispensabili nel lavoro da casa che può portare a fenomeni come ansia, insonnia e mal di testa. L’osservatorio ha rilevato che circa il 28% ha sofferto di tecnostress, il 17% di overworking nell’ultimo trimestre. Tra i critici dello smart working troviamo anche chi crede che questa porti ad una mancanza di interazione sociale sul luogo di lavoro. Questa assenza peggiorerebbe il clima lavorativo, specialmente se si lavora in team. Poi non permetterebbe di apprendere dal prossimo, togliendo molti punti di riferimento e si perde l’opportunità di vivere la vita aziendale.

Lo smart working è quindi sicuramente il futuro dell’organizzazione lavorativa aziendale. Ma come ogni cosa comporta dei benefici e dei rischi. Nessuno è in grado di dire se siano di più le note positive o negative. La verità come sempre sta nel mezzo. L’esatto compromesso potrebbe essere l’adottare una scelta ibrida tra lavoro in sede e da casa. In questo modo si dovrebbe riuscire a compensare.