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I Savoia pronti a trascinare lo Stato in tribunale: battaglia per riavere i gioielli della Corona

Pubblicato: 26/01/2022 09:49

Battaglia legale all’orizzonte tra i Savoia e lo Stato italiano: secondo quanto trapelato nelle ultime ore, Vittorio Emanuele, Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice, eredi di Umberto II, citeranno in giudizio la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Economia e la Banca d’Italia per ottenere la restituzione dei gioielli della Corona, custoditi in un caveau della stessa Bankitalia dal 1946.

Gli eredi dei Savoia chiedono all’Italia la restituzione dei gioielli di famiglia

Secondo quanto appreso dall’Ansa, i principi Vittorio Emanuele, Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice citeranno in giudizio lo Stato e, nello specifico, la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Economia e la Banca d’Italia. Oggetto del contendere sono i gioielli della Corona di cui gli eredi di Umberto II chiedono la restituzione.

La delega, come riportato dalla stessa agenzia di stampa, è stata affidata all’avvocato Sergio Orlandi, che all’Ansa ha tracciato il perimetro della situazione: “A differenza degli altri beni, questi non sono mai stati confiscati e sono rimasti pendenti. Perciò devono essere restituiti“. La citazione arriverebbe dopo un fallito tentativo di mediazione.

I Savoia pronti a trascinare lo Stato in tribunale, i gioielli in un caveau dal 1946

I gioielli della Corona risultano custoditi in un caveau della Banca d’Italia dal giugno 1946. All’Agi, l’avvocato Orlandi ha dichiarato che l’atto di citazione in giudizio è pronto: “Nel giro di pochi giorni sarà depositato in tribunale“. Il recente tentativo di mediazione avrebbe dato esito negativo e questa, riferisce ancora l’agenzia, sarebbe la riposta di Bankitalia alla richiesta di restituzione avanzata dagli eredi: “I gioielli sono custoditi fin dal 1946 presso la Banca d’Italia, che non può disporne senza un coordinamento con le Istituzioni della Repubblica coinvolte. La richiesta di restituzione avanzata non può pertanto essere accolta, tenuto conto delle responsabilità del depositario“.

Il “tesoro” oggetto della battaglia legale – che sarebbe composto da oltre 6mila brillanti e 2mila perle, preziosi montati su collier, orecchini, diademi e altri gioielli – con la caduta della monarchia era passato di proprietà alla Repubblica Italiana, come previsto dalla Costituzione nella XIII disposizione transitoria e finale (che sancisce che “i beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli“), ma la confisca non sarebbe stata mai esercitata.

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2022 09:50