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Gli Usa bloccano il greggio russo, caos sulle materie prime: il punto sui mercati

Pubblicato: 11/03/2022 07:01

Il conflitto russo-ucraino assume sempre di più le caratteristiche di una guerra economica (oltre che militare). Gli Stati Uniti, contro il volere di mezza Europa, hanno deciso di fare uno step successivo bloccando i flussi di greggio, gas e altre materie prime della Russia verso i porti statunitensi, non calcolando le possibili ritorsioni di Mosca verso un’Europa che dipende per il 45% dal gas russo.

L’embargo americano, e alcune questioni prettamente tecniche, hanno fatto schizzare i principali contratti sul petrolio ai livelli del 2008. Ma è stato sui metalli che si è registrato un vero e proprio momento di follia, con il prezzo record del nichel – molto legato alla produzione russa e strategico per la transazione energetica – che ha innescato una reazione mai avvenuta prima da parte della London Metal Exchange (tra le più importanti piazze di scambio al mondo per le commodity).

È stata un’altra settimana incredibilmente volatile nel mercato petrolifero, con il greggio Brent verso i $ 130 per barile a seguito delle decisioni di Stati Uniti e Regno Unito di vietare ed eliminare gradualmente le importazioni di petrolio russo“, hanno scritto in una nota gli analisti del broker Oanda. “L’Ue che non si è unita alla misura, a causa della dipendenza molto più pesante dal petrolio russo, ma con l’arrivo di ulteriori sanzioni e la crescente pressione sulla Germania per intensificare la pressione sull’economia russa, potremmo vedere un nuovo aumento dei prezzi“, affermano gli analisti.

Embargo sull’energia russa

Gli Stati Uniti hanno deciso. Stop (graduale) alle importazioni di petrolio e gas da Mosca, le principali fonti di ricchezza del Paese che assicurano introiti di circa $100 miliardi annui, dopo che il segretario di Stato Blinken aveva indicato questa possibilità già lo scorso fine settimana. Risultato: prezzi delle materie prime – anche agricole – alle stelle e forti ricadute sui prezzi della benzina in un contesto già pericolosamente fragile in termini di costi.

L’Europa, che importa il 45% dei propri consumi energetici dalla Russia, non se l’è sentita di prendere parte all’embargo americano, visto che non è stata in grado di trovare nell’immediato fonti di energia alternative ai prodotti russi nonostante i molteplici viaggi dei singoli governi nel Nord Africa (e non solo). Bruxelles ha capito, però, che una poltica di dipendenza energetica non può andare avanti. Per questo, nel vertice Ue si è discusso un piano che prevede di ridurre nei prossimi mesi di due terzi le forniture targate Russia con l’obiettivo di portarle a zero entro il 2030. Paradossalmente, tramite i gasdotti Yamal Europe e Nord Stream, il gas russo continua a viaggiare verso il vecchio Continente attraverso l’Ucraina nonostante i bombardamenti e le sanzioni approvate contro le finanze dell’ex Urss.

In seno alla propria scelta, anche Washington è stata costretta a ripensare la strategia energetica messa in atto negli ultimi anni. Secondo il Washington Post, un’alta delegazione americana è volata dal presidente Maduro in Venezuela (il secondo Stato al mondo in termini di riserve) per trovare un compromesso e cercare di superare le restrizioni imposte sul greggio del Paese dopo la rottura delle relazioni diplomatiche nel 2019. Maduro e Putin hanno tuttavia rapporti molto stretti, e pochi giorni fa si sono sentiti telefonicamente per stringere ulteriormente i legami tra i due Paesi.

Follia nichel

In 145 anni di storia della London Metal Exchange non era mai accaduto niente di simile. I prezzi del nichel sono schizzati del 300% in 24 ore registrando un record di 100 mila dollari alla tonnellata, in simbiosi con altri metalli molto legati alla produzione russa come alluminio e palladio (prodotto per il 40% a livello mondiale nei territori russi).

La London Metal Exchange, piazza di scambio principale per il nichel, ha dovuto introdurre misure di emergenza mai prese prima cancellando prima gli ordini giornalieri sui contratti spot (a pronti) per poi fermare temporaneamente il trading sulla materia prima – stop che continuerà fino all’11 marzo-.

La scintilla sul nichel sembrerebbe essere partita dalla Cina. Con il rimbalzo dei prezzi, Tsingshan Holding Group – colosso cinese della produzione di nichel – sarebbe stata costretta a ricoprire una posizione short sul questo metallo, componente chiave per la produzione delle batterie al litio delle auto elettriche, mentre le condizioni di credito sarebbe state messe sotto stress dalla difficoltà di alcuni fondi cinesi nel ricoprire le margin call al momento richiesto.

Secondo gli analisti ING, il rally è stato guidato “dalla copertura di posizioni corte” mentre per Alex Kuptsikevich, analista finanziario senior di FxPro “la follia assoluta è nei metalli”. “In molti di essi – ha sottolineato l’esperto – la Russia ha una quota piuttosto significativa. Gli investitori temono che un divieto alle esportazioni possa essere la risposta della Russia alle sanzioni, al pari della limitazione delle forniture di prodotti agricoli“.