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Donne nel mondo del lavoro: la realtà dietro il tasso di fertilità femminile e il confronto con l’Europa

Pubblicato: 24/03/2022 07:33

Siamo nell’epoca delle sfide epocali. Il Covid e le esigenze impellenti imposte dal riscaldamento della Terra, con le loro implicazioni globali, ci hanno costretto ad alzare lo sguardo dal nostro ombelico, fatto di alleanze ed equilibri politici destinati a sfaldarsi dopo brevissimo tempo, come in un Risiko giocato da adolescenti. 

La guerra alle porte dell’Europa contribuisce ulteriormente a farci comprendere che i problemi più importanti, quelli che hanno un maggiore impatto sulle nostre vite, sono quelli che possono essere affrontati solo in una prospettiva di lungo periodo. Cosa di cui non siamo solitamente molto capaci. 

Oltre alla sanità, all’ambiente, alla sicurezza della democrazia vi è un altro tema, anch’esso cruciale nel lungo, anzi lunghissimo termine, che forse emergerà con maggiore forza in futuro, ma che è già attuale. La demografia

In Europa, in generale in tutto l’Occidente, ma in Italia in particolare, le nascite continuano a diminuire, e il gap tra queste e le morti non viene più compensato dall’immigrazione, in calo. Si tratta di un problema che nei decenni a venire avrà il suo impatto anche nei Paesi in via di sviluppo, dove il numero di figli per donna è in discesa, ma qui, per ora, questo fenomeno serve ad alleviare i problemi di sovrappopolazione. In Italia invece ne crea di differenti. 

Sono questioni concrete, che riguardano la sostenibilità del welfare e delle pensioni, la presenza di manodopera in settori cruciali, e che per troppo tempo sono stati seppelliti sotto il tappeto dell’ideologia. Da un lato era tabù parlare di questo tema, senza essere accusati di essere “familisti”, reazionari, dall’altro l’argomento veniva trattato solo con gli occhiali del nazionalismo conservatore, e serviva ad alimentare una concezione patriarcale della maternità che in ultima analisi, in realtà, ha ulteriormente danneggiato l’andamento delle nascite.

In 10 anni il tasso di fertilità in Italia è diminuito del 15%

I dati, infatti, sono chiari, nascono sempre meno bambini. L’indicatore più adeguato per misurare quello che accade è il tasso di fertilità. Indica il numero medio di figli per donna in età feconda, ovvero tra i 15 e i 49 anni. 

Per avere un termine di paragone è bene considerare da quale livello si partiva, nel passato recente. Durante il baby boom, nei primi anni ‘60, si superava quota 2,6. Da allora in 30 anni vi è stato più che un dimezzamento: nel 1995 il tasso di fertilità era sceso a 1,19. 

La piccola ripresa che è seguita dopo, che ha portato le donne italiane ad avere mediamente 1,46 figli ognuna nel 2009, è stata provocata in parte dalla fecondità delle sempre più numerose straniere che partorivano in Italia.

Non è un caso che è stato nelle regioni del Nord, in Lombardia, in Trentino Alto Adige, in Emilia Romagna, dove l’immigrazione è maggiore, che si è assistito al più significativo miglioramento delle statistiche, e non nel Mezzogiorno, dove tradizionalmente si sono fatti sempre più figli.

Nel tempo, tuttavia, anche le donne straniere hanno cominciato a partorire di meno, e il loro tasso di fertilità è passato tra il 2003 e il 2020 da 2,47 a 1,89. 

Due anni fa quello complessivo era sceso a quota 1,24, e la grande incertezza portata dal Covid ha ridotto ulteriormente questa cifra, come vedremo nei prossimi mesi e anni. 

Tasso di fertilità in Italia
Dati Istat, rielaborazione di Momento Finanza

Il fattore età, in crollo la fertilità delle giovani donne

C’è un fattore che non è possibile ignorare quando si parla di fertilità, ed è l’età delle madri. I cambiamenti intervenuti su questo versante sono ancora maggiori di quelli che si possono scorgere a livello complessivo. 

Si partorisce sempre più tardi. Pur effettuando il confronto con il 1995, l’anno in cui il tasso di fertilità medio è stato minimo, si nota un netto calo per quanto riguarda il numero di figli per donna delle 20-24enni, -35,9%, e di quello delle 25-29enni, -25,6%. 

Se il paragone fosse con 10 anni fa la riduzione sarebbe ancora più netta. Si è verificata tutta, infatti, nell’ultimo decennio. 

Parallelamente sono più che raddoppiati i parti di 40enni, aumentati di più del 150%. 

Il problema è che la crescita dei bambini nati da chi ha più di 35 anni, che tra l’altro si è fermata negli ultimi 8 anni, non riesce a compensare il calo di quelli figli delle 20enni, che invece prosegue. 

Var. del tasso di fertilità dal 1995
Dati Istat, rielaborazione di Momento Finanza

Si fanno più figli dove per le donne c’è più lavoro

Il fattore età è strettamente collegato, specie in Italia, dove le carriere cominciano più tardi della media, con il fattore occupazione

Di fronte ai dati sulla correlazione tra la variazione della proporzione di donne 25-49enni con un lavoro e quella della fertilità è facile capire che la decisione di avere un bambino o di aspettare dipende anche dalla possibilità di avere un impiego, possibilmente un impiego stabile. 

È evidente come nei 10 anni tra 2009 e 2010, di declino in Italia dal punto di vista demografico, vi sia stato un incremento del numero di figli per donna soprattutto dove la situazione occupazionale è migliorata di più. Nell’Est Europa, per esempio, che è riuscito a vivere una crescita economica invidiabile se guardata dalla nostra prospettiva. 

Se osserviamo, invece, i dati assoluti, e non le variazioni, è chiaro come è proprio nei Paesi mediterranei che il tasso di fertilità è più basso, minore di 1,35, mentre supera 1,6 in gran parte del Nord Europa e in Francia.

Guarda caso è proprio in Spagna, in Grecia, in Italia, che anche la quota di donne con un impiego è più bassa, sotto il 56%, e sotto il 50% nel nostro caso, mentre supera il 70% più a Nord.

Variazioni del tasso di fertilità e di occupazione
Dati Eurostat, rielaborazione di Momento Finanza

Ma le laureate riescono a mantenere il posto se hanno dei figli

Avere più donne al lavoro potrebbe, però, non bastare. Il pericolo di dover abbandonare il proprio posto una volta diventate madri è alto, sia per le carenze del nostro welfare (i posti negli asili nido rimangono scarsi anche se i bambini sono sempre meno), sia per una concezione ancora patriarcale tra molti datori di lavoro che di fatto demansionano chi ha figli, spesso costringendole a lasciare. 

Vi è un grande alleato per le donne, però. È l’istruzione. I dati dell’Istat mostrano chiaramente come il tasso di occupazione delle laureate non solo è più alto della media, ma è anche l’unico a non scendere quando si hanno figli. E anzi, quando questi sono due, diventa anche più alto. 

Le donne italiane hanno già dimostrato di essere in grado di ottenere, durante gli studi, risultati migliori degli uomini. Questi numeri dimostrano che tali traguardi sono a beneficio di tutti, non solo di se stesse, perché contribuiscono ad attenuare la nostra crisi demografica.

Tasso di occupazione per istruzione e numero di figli, donne tra 20 e 49 anni
Dati Eurostat, rielaborazione di Momento Finanza

La partita contro il declino e il progressivo invecchiamento della popolazione, quindi, va giocata con nuovi strumenti rispetto al bolso armamentario che ci portiamo dietro da tempo. Non è la donna che rimane “nel focolare” invece di lavorare quella che farà più figli, ma quella che, istruita e con competenze da far fruttare, riuscirà a ottenere un lavoro e quindi un reddito stabile. 

E ci servono più figli, non solo per motivi economici, ma anche perché un Paese non può pensare di progredire e diventare più moderno e più aperto se il suo elettore medio ha 54 anni, come oggi, e continua a invecchiare.