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Rubli, euro, dollari: la battaglia di Putin sul gas infiamma i mercati e gli equilibri internazionali

Pubblicato: 01/04/2022 12:03

Nei giorni scorsi, la Russia ha premuto affinché i Paesi europei – Germania e Italia in primis, molto dipendenti dal gas russo – pagassero in rubli. Questo al fine di consentire una rivalutazione del rublo, dopo il crollo subito a seguito dell’invasione illegittima dell’Ucraina.

Cosa dice il diritto internazionale sui pagamenti in rubli

Secondo i principi di continuità dei contratti del diritto internazionale, non è possibile modificare in modo unilaterale la valuta di pagamento. Nonostante ciò, Alberto Saravalle e Alessandro Musella, avvocati dello studio BonelliErede, sostengono che “Mosca potrebbe tentare di invocare la clausola di forza maggiore, sostenendo che non può accettare dollari o euro. Le controversie che ne deriverebbero sarebbero, con ogni probabilità, soggette ad arbitrato internazionale presso la camera arbitrale di Stoccolma, spesso utilizzata nei contratti internazionali con contraenti russi”.

Come i Trattati, anche i contratti internazionali, secondo Putin, sarebbero carta straccia. Ma, come ha sostenuto Jacques Attali, economista e già consigliere del presidente francese (1981-1995) Francois Mitterand, conta la credibilità e la fermezza durante la negoziazione: “Quando si tratta bisogna sempre comportarsi come se non si volesse disperatamente una certa merce in vendita. Se il mercante vede la disperazione nei vostri occhi, alzerà sempre il prezzo. Se invece vede che siete in grado di fare a meno di ciò che lui ha da offrire, sarà più malleabile”.

Mario Draghi e la telefonata a Vladimir Putin

Così è avvenuto, anche a seguito della telefonata tra Vladimir Putin e il nostro presidente del Consiglio Mario Draghi, nella quale Putin ha ribadito di voler essere pagato in rubli, con al minaccia di bloccare le forniture di gas da parte di Gazprom, la società nazionale russa fornitrice di gas.

Le cancellerie europee e gli le società europee importatrici di gas non si sono piegate e hanno fatto valere il diritto internazionale. Draghi al telefono ha detto: “Faremo solo ciò che è compatibile con i contratti in vigore”. Al che, anche due stretti collaboratori di Putin, la governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, e il vicepremier Alexander Novak (economista industriale, già ministro dell’Energia), hanno fatto presente che sul mercato non esiste una disponibilità così massiccia di rubli. Per avere un’idea delle cifre in gioco, ogni giorno l’Unione Europea paga alle società della Federazione Russa circa 800 milioni di euro, transati tramite la Gazprombank, unico istituto non escluso (dopo le sanzioni) dal sistema di transazioni SWIFT.

Perché il mercato internazionale si basa sul dollaro e non sugli euro

Il sistema finanziario internazionale, tramontato l’impero britannico, è dominato dal dollaro. L’euro è una moneta giovane che deve ancora costruirsi una sua credibilità duratura. Molto è stato fatto da parte della Banca centrale europea per rafforzare negli investitori internazionali l’idea che l’euro debba essere considerato una moneta di riserva, il cui potere d’acquisto è tutelato da un’autorità il cui unico obiettivo è la stabilità dei prezzi (come noto, la Federal Reserve ha un duplice obiettivo, la stabilità dei prezzi e la crescita economica).

Sono molti nella finanza londinese a pensare che, con la crisi del periodo 2008-2011 si era creata, nei mercati finanziari, una frattura nel Blocco Atlantico legata alla supremazia del dollaro rispetto all’euro, frattura conclamata con il famoso “whatever it takes” di Draghi (Londra, luglio 2012) che è stato l’avvio delle politiche non convenzionali di politica monetaria (Quantitative Easing, alias QE) portate avanti dalla BCE. 

Fino a quel momento i mercati finanziari, supportati dagli USA, avevano sempre puntato contro l’affermazione dell’euro, che aveva bisogno di una solidità strutturale visibile sia nei paesi membri, sia nella guida della BCE, fino a quel momento molto legata alla Federal Reserve. 

L’Euro, infatti, fino al 2012, non era mai stato considerato come una vera valuta autonoma rispetto al dollaro, anzi, era vista come un fastidioso concorrente che drenava risorse ai mercati finanziari USA: la sempre maggior quantità di emissioni di titoli sovrani denominati in Euro anziché in dollari aveva creato non pochi problemi ad alcune grandi banche d’investimento americane e ai loro grandi clienti. 

La scommessa dollaro contro Euro portata avanti a più riprese dal 2002 è culminata con la crisi greca e con il successivo disastroso salvataggio del paese, grazie anche ad una pesante influenza ed ingerenza del governo tedesco nei centri decisionali comunitari. Seguendo questa impostazione, appare evidente la motivazione sottostante all’atteggiamento molto spietato e molto duro della Germania sia verso la Grecia sia, successivamente verso l’Italia: il default di uno di questi paesi, avrebbe portato i mercati finanziari ad incrementare ulteriormente la scommessa contro l’euro, creando danni a tutti i paesi UE, anche quelli con economie forti come appunto la Germania.

La Cina e i sogni di gloria di sostituire il dollaro con lo yuan

A fronte di queste considerazioni, si inserisce anche la volontà della Cina di affermare lo yuan come moneta di pagamento internazionale. I sauditi, indispettiti dagli americani per diverse ragioni, hanno affermato di volersi far pagare il greggio in yuan, chiara mossa geopolitica, diretta a minare in qualche modo la supremazia del dollaro.

A fronte del fatto che gli Stati Uniti rappresentano un quarto dell’attività economica mondiale, circa la metà di tutti i prestiti bancari transfrontalieri e titoli di debito internazionale sono denominati in dollari. La preminenza del dollaro nella fatturazione commerciale e come valuta di riserva è indiscutibile, al momento. Vale ancora ciò che sostenne nel 1971 l’allora governatore della Federal Reserve americana John Connally, “il dollaro è la nostra moneta, ma un vostro problema”.