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Cognome paterno: un automatismo simbolo di una società che non rispetta i diritti delle madri e dei figli

Pubblicato: 23/04/2022 18:05

Ci sono voluti 40 anni di discussione per arrivare al febbraio 2022, quando la proposta di Legge relativa all’assegnazione del cognome materno ai figli e alle figlie è arrivata in Commissione Giustizia al Senato. Molti dibattiti, numerosi disegni di legge e persino un intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo per sottolineare ancora una volta quanto l’assegnazione automatica del cognome paterno sia lesivo della parità dei diritti. Ora bisognerà attendere la Commissione giustizia, ma attendere in silenzio non ha mai portato risultati, per questo, il Comune di Torino ha cercato di alzare la voce.

Il Consiglio comunale di Torino contro l’automatismo del cognome paterno

È in questo quadro di una Italia dormiente che si inserisce il Consiglio comunale di Torino che ha approvato un ordine del giorno firmato dalla presidente Maria Grazia Grippo che impegna il Sindaco a farsi parte attiva in tutte le sedi nazionali con l’obiettivo di modificare l’attuale regola dell’automatismo del cognome paterno. E proprio la presidente Grippo ha spiegato a The Social Post i motivi di questa presa di posizione: “Perché, secondo me, è importante superare ogni automatismo: dove non c’è scelta, non c’è libertà”.

La Presidente ci tiene a dare il giusto valore alle lotte delle donne e alla storia del femminismo che tanto hanno fatto per i diritti e per le pari opportunità: “Bisogna guardarla con grande rispetto e ricordarci quanto ci ha dato in termini di diritti e di opportunità e dobbiamo prendere quella eredità e difenderla e questo è il mio ruolo. Però stavolta lo dico questo concetto che non dico mai: è davvero frutto di una concezione patriarcale della nostra società che è il passaggio della donna dalla famiglia di origine alle cure del marito, tant’è che la donna mutua il cognome e, chiaramente, la prole va dietro”.

Qui nascono i problemi, nel momento in cui ci si scontra con la realtà, una realtà molto più complessa, e decisamente superata, da quella che viene rappresentata da questo automatismo.

“Intanto ci sono le famiglie più disparate. E poi c’è una condizione oggettiva che troviamo in Costituzione che deve trovare comunque una rispondenza nella vita reale dove la parità tra i sessi deve essere garantita e quindi una condizione di pari opportunità che metta le donne sullo stesso piano del loro corrispondente maschile e che sia nel migliore interesse della bambina e del bambino perché talvolta quel genitore, o un genitore, non c’è o se c’è sarebbe meglio che non ci fosse, oppure non c’è perché non vuole esserci. Ci sono le condizioni disperate“.

L’automatismo del cognome paterno comincia a scricchiolare

Nel 2014 la Corte europea dei diritti dell’uomo giudica “eccessivamente rigida e discriminatoria nei confronti delle donne” e in contrasto con il principio di uguaglianza tra i coniugi, l’assegnazione automatica del cognome del padre. È il primo forte segnale da una istituzione, ma certo non l’unico.

Due anni dopo ci risiamo: la Consulta, con una sentenza di Giuliano Amato, dichiara incostituzionale la normativa che non consente ai genitori, d’accordo tra loro, di attribuire ai figli anche il cognome della madre. Anche. Cioè, nemmeno con due genitori completamente d’accordo tra loro sull’assegnare entrambi i cognomi ai figli, questo diventa possibile.

La Grippo ci spiega: “La Consulta dichiara incostituzionale la norma nella parte in cui non consente ai genitori, neanche d’accordo tra di loro di attribuire anche il cognome della madre. Quindi cosa succede, che da allora la normativa è cambiata. Quindi se i genitori sono d’accordo puoi aggiungere anche il cognome della madre, ma è sempre dopo quello del padre. Però è evidente che l’accordo tra i genitori, in senso assoluto, non può essere esaustivo della prospettiva di pari opportunità che invece viene data dalla Corte dei diritti europei piuttosto che della Costituzione“.

Quindi i problemi continuano: “Invece di costruire qualcosa di solido e durevole nel tempo che ricomprenda gli interessi di tutte le parti, si è continuato ad andare avanti per sentenza e le sentenze funzionano così“.

Trasmettere ai figli solamente il cognome materno

E proprio a proposito di sentenze, il passo successivo si ottiene il 9 novembre del 2021. Questa volta, il tema è la trasmissione del solo cognome materno ai figli e alle figlie. A spiegarlo è la stessa presidente Grippo nel suo ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale di Torino: la Corte di Appello di Potenza ha accolto il ricorso dell’Avvocato Pittella rimettendo davanti alla Corte Costituzionale la parte che “non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, il solo cognome materno“. La presidente ci rivela che la prossima udienza è programmata per il 26 aprile. La giurisprudenza, insomma, va avanti a sostituire il lavoro del Parlamento.

L’importanza dei diritti

Quante volte sentiamo dire, quando si parla di diritti e parità, frasi come “ci sono cose più importanti”, “prima si deve risolvere altro”. I diritti sembrano venire sempre dopo qualcos’altro, non importa poi esattamente cosa, tanto qualcosa la si trova sempre. Per questo la presidente Grippo ci spiega perché la battaglia per i diritti è così importante.

Quando Giuliano Amato si è insediato ai vertici della Corte ha fatto un richiamo molto specifico a questa questione nella conferenza stampa perché è talmente evidente che non si può continuare a usare le vite delle persone come i bastoncini dello Shanghai. E ci viene detto in tutte le salse e su tanti temi che sono importanti… il diritto di vivere e di morire, il diritto dei figli delle coppie omogenitoriali di vedere riconosciuta la realtà dei fatti: cioè, stiamo chiedendo alle mamme o ai papà di mentire in un atto pubblico. Perché se io non posso raccontarti la vera storia di dove vengo, dove sono stato concepito, in che modo sono stato concepito in un documento, vuol dire che lo Stato in nome di una ipocrisia che non so a che debba servire, mi costringe a mentire in un atto pubblico. Preferisce che io menta in un atto pubblico, piuttosto che accettare una verità che comunque è sotto gli occhi di tutti: ci sono bambini con due mamme e ci sono bambini con due papà. Vanno a scuola, prendono il pullman, vanno a giocare con gli amichetti nei giardini, quindi hanno bisogno di servizi, tutela, amore”.

E allora si torna alla questione del cognome materno, che non è solo il riconoscimento del ruolo della madre, ma è anche il riconoscimento di chi siamo: “Qui è la stessa cosa, continuiamo a non considerare che questa roba qua dei documenti è la vita delle persone. I documenti sono diventati così importanti nel corso del tempo a simboleggiare l’esercizio della Libertà, soprattutto con le ondate di immigrazione che abbiamo avuto, che mi sembra impossibile che non venga percepito come prioritario il fatto di rendere libere le persone di dire da dove vengono, in che condizione sono e di esprimere i termini della loro cittadinanza“. E ancora: “Voltarsi dall’altra parte non è possibile. Cioè non può importarci davvero quanto tempo ci mettiamo ad avere la carta d’identità se non siamo capaci neanche di costruirla la vera carta d’identità, perché la carta d’identità non sono i punti della raccolta del supermercato, dove però ti sei dimenticato di mettere un bollino. È il racconto della tua vita da quando vieni al mondo, è lo sguardo dello Stato verso di te, il posto che tu hai all’interno dell’organizzazione della comunità“.

A questo punto però, diventa inevitabile chiedere alla Presidente Grippo perché in Italia è così difficile portare questa battaglie a diventare Legge. I partner europei con cui giornalmente il nostro Governo parla, discute, decide, hanno già raggiunto gli obiettivi di cui in Italia si discute solo da anni. In Francia, ad esempio, in mancanza di un accordo tra i genitori, vengono apposti entrambi i cognomi in ordine alfabetico, o in Spagna dove vige la regola del “doppio cognome“.

Siamo ancora convinti di dovere qualche cosa a qualcuno. Non riusciamo ad esprimere in modo assoluto la laicità dell’Istituzione, dove per laicità non significa ciò che è contrapposto alla religione. Laicità significa una neutralità assoluta delle Istituzioni tale per cui tutti devono trovare un posto. E invece, mi pare che trovino posto quelli che hanno la capacità di sgomitare di più e quindi il politico che va per la maggiore è quello che sgomita per i ‘suoi‘. Se il fatto che promuovere determinati valori esclude fette intere di cittadinanza non va bene, non va bene perché la laicità che ci si aspetta dall’Istituzione è al massimo dell’inclusione. Laddove tu vedi che riconoscere i diritti che alcuni hanno e altri no, non significa sottrarli a quelli che li hanno, ma moltiplicarli, non ci dovrebbe essere neanche una parola da fare, invece si ideologizzata“.

Ora la “partita” si gioca in Commissione giustizia del Senato e verso fine aprile comincerà una nuova discussione. Intanto la vita delle persone va avanti, altri figli e figlie nascono con la possibilità sì di inserire il doppio cognome, ma con tutte le limitazioni del caso. Intanto, se qualcuno volesse il solo cognome materno, o un doppio cognome per i figli di coppie omogenitoriali, la battaglia, perché di certo non è una “partita”, la si può vivere solo in un tribunale.

Ultimo Aggiornamento: 27/04/2022 12:44