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Peppino Impastato: chi era il giornalista siciliano portavoce ucciso dalla mafia 44 anni fa

Pubblicato: 09/05/2022 08:51

Nella notte tra l’8 e il 9 maggio di 44 anni fa moriva Peppino Impastato. Il conduttore radiofonico e giornalista siciliano è stato ucciso a Cinisi nel 1978, dopo aver dedicato una vita alla resistenza antimafia.

Chi era Peppino Impastato: scelte di vita e lotta politica

Nato a Cinisi il 5 gennaio 1948 in una famiglia mafiosa, sin da giovane si discosta totalmente da quell’ambiente.

Mentre i parenti, tra cui il padre Luigi mantengono legami con Cosa Nostra, Peppino prova a denunciare le realtà mafiose e il clima di omertà presente a Cinisi. Per questo motivo viene cacciato di casa dal padre all’età di 15 anni e da quel momento prende il via la sua attività politico-culturale antimafiosa.

Nel 1965, all’età di 17 anni, fonda il giornale L’idea socialista e sceglie di aderire al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria).

Dal 1968 in poi milita nei gruppi di Nuova Sinistra e si fa portavoce degli edili, dei disoccupati e delle lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo nel territorio di Cinisi.

Peppino Impastato descriveva così, in una sua autobiografia, gli anni del suo avvicinamento alla politica:“Partecipai disordinatamente alle lotte studentesche e alle prime occupazioni. Poi l’adesione, ancora una volta su un piano più emozionale che politico, alle tesi di uno dei tanti gruppi marxisti-leninisti, la Lega… Passavo, con continuità ininterrotta da fasi di cupa disperazione a momenti di autentica esaltazione e capacità creativa: la costruzione di un vastissimo movimento d’opinione a livello giovanile, il proliferare delle sedi di partito nella zona, le prime esperienze di lotta di quartiere, stavano lì a dimostrarlo…”.

Radio Aut ed il circolo culturale “Musica e cultura”

Nel 1975, ispirato dall’attività d Mauro Rostagno e Danilo Dolci, fonda il circolo culturale “Musica e cultura”, un’associazione volta a promuovere attività culturali relative ad ambiente ed emancipazione femminile, diventata presto un importante punto fermo per i giovani del paese.

Nel 1977, Impastato fonda Radio Aut, un’emittente radiofonica autofinanziata di controinformazione. Attraverso la radio prende in giro e denuncia gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in particolare quelli del capomafia Gaetano Badalamenti, che aveva un ruolo di punta nei traffici internazionali di droga.

Il programma radiofonico più seguito era “Onda pazza”, trasmissione satirica in cui Impastato si prendeva gioco di mafiosi e politici in maniera dissacrante.

Morte di Peppino Impastato: l’omicidio a Cinisi

Nel 1978 il giornalista si candida alle elezioni comunali nella lista di Democrazia Proletaria. Riceve diverse minacce durante la campagna elettorale, ma continua per la sua strada senza tirarsi indietro.

Viene assassinato brutalmente nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 per mezzo di una carica di tritolo posta sotto il suo corpo disteso sui binari della ferrovia Palermo-Trapani.

Lo stesso giorno, a Roma, viene rinvenuto il corpo di Aldo Moro ucciso dalle Brigate rosse e questa notizia relega in secondo piano quella della morte di Impastato.

Le forze dell’ordine insieme alla magistratura e alla stampa parlano di atto terroristico in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima: la dinamica dell’omicidio studiata dagli assassini di Impastato aveva portato a pensare ad un fallito attentato suicida.

Soltanto grazie alla determinazione della madre di Peppino, Felicia Bartolotta, e del fratello Giovanni, nel 1984 riesce ad emergere la matrice mafiosa dell’omicidio (attribuita però ad ignoti), riconosciuta anche dall’ufficio istruzione del tribunale di Palermo. Nonostante questo, nel 1992 i giudici decidono l’archiviazione del caso: il tribunale esclude la possibilità di individuare dei colpevoli, pur riconoscendo la matrice mafiosa del delitto.

La riapertura del caso e la condanna dei colpevoli

Nel 1994 il Centro di documentazione dedicato a Peppino Impastato avanza la richiesta di riapertura del caso, associata a una petizione popolare. Nell’istanza si chiedeva di interrogare Salvatore Palazzolo, nuovo collaboratore di giustizia associato alla cosca mafiosa di Cinisi.

Nel 1996, le dichiarazioni di Palazzolo indicano Gaetano Badalamenti come il mandante dell’omicidio, insieme al braccio destro Vito Palazzolo. L’inchiesta viene ufficialmente riaperta e nel 1997 Badalamenti viene arrestato.

Nel 2001 la corte d’assise di Palermo condanna Palazzolo a 30 anni di carcere per l’omicidio di Impastato.

L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti viene condannato all’ergastolo per essere il mandante del delitto.

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2022 10:11