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Renato Zero e l’episodio vissuto da bambino: “Un signore con la patta sbottonata mi chiese…”

In un'intervista al Corriere della sera, il cantautore ha rivelato aspetti intimi del suo passato. Dagli esordi con un solo spettatore all'infanzia segnata da un momento difficile: le sue parole.

Ha quasi 72 anni ma dimostra il carisma di un musicista agli esordi Renato Zero. E non sono quei capelli nero corvino né gli occhiali all’ultima moda a donargli un’aura senza tempo: probabilmente è solo la sua passione vitale per la musica. In un’intervista rilasciata al Corriere della sera, il cantante ha rivelato aspetti finora inediti della sua carriera e della sua storia personale, in cui non sono mancati momenti difficili.

Renato Zero agli esordi: il cantautore racconta “il concerto con uno spettatore”

Parlando del suo primo disco, prodotto da Gianni Boncompagni, il cantautore racconta il suo primo provino, a cui fu guidato proprio da Boncompagni.

“Mi portò a fare un provino alla RCA con i pantaloni strappati e la mercanzia in bella mostra, coperta da una felpa, per una spaccata nella trasmissione Bandiera Gialla – racconta Renato Fiacchini in arte Renato Zero. Due settimane dopo, la chiamata: “Devi venire a cantare”. Renato Zero racconta tutta la complessità di quel momento: “Sembravo un rospo con la mia vocetta un po’ fastidiosa – commenta l’artista”. La capacità di Zero è stata quella di mettersi sempre in gioco e di non dare per scontato niente, mai. Quando ripensa ai suoi primi anni da musicista rivive gli anni dell’analogico, in cui farsi notare per un artista e trovare i musicisti giusti era ancora più duro che adesso.

La sua strategia forse era insistere e lasciarsi contaminare da tutte le energie incontrate sul tragitto: “Più stavi in giro e più accadevano cose. Avevamo questa attitudine all’aggressione del marciapiede, della porta di un impresario, rispondevano alla chiamata alle armi di musicisti che un avolta cercavano un batterista e una volta un bassista. Le idee si mischiavano”. Un tempo. molto diverso da oggi : “Poi sono arrivati i computer e si è stravolto tutto”.

Di quei primi anni di carriera, l’artista non ricorda il primo concerto tutto esaurito e i grandi successi, ma i momenti più critici, in particolare: Il concerto con uno spettatore. Vigilia del natale del ’73 al Folk Rosso. Il proprietario voleva rimborsagli il biglietto e mandarlo a casa. Mi imposi: “Ho lasciato la mia famiglia dicendo che sarei andato a lavorare”. Mi esibii per lui che tornò a sera dopo con 22 persone”. Quello spettatore aveva già capito che pochi anni dopo sarebbe diventato una leggenda.

Renato Zero : perché usava le maschere e il momento shock vissuto quando era bambino

Renato Zero rivela il suo vissuto personale, l’infanzia vissuta in via Ripetta a Roma in un casa d’altri tempi: “In casa tre zii scapoli, mia nonna Renata, le mie tre sorelle, mio padre, mia madre, io, il nostro pastore tedesco femmina che mi portava a spasso”.

Ricorda con affetto quegli anni: “Respiravamo Roma nella sua entità più profonda”. Ma la vera Roma l’ha conosciuta subito dopo. Erano gli anni della ricostruzione edilizia e i costruttori convinsero le famiglie a trasferirsi con la promessa di condizioni migliori: “Non avevamo il bagno in casa ma sul ballatoio – racconta Zero” quindi gli dissero: “Se andate in periferia c’avete pure il servizio dentro casa“.

Una promessa che col senno di poi sembra una beffa: “Appena ci siamo mossi hanno ristrutturato gli appartamenti del centro mettendoci otto bagni… a noi ne sarebbe bastato uno”. Eppure ha portato a qualcosa di positivo nella vita del cantante: “Abbiamo lasciato una matrigna e abbiamo trovato una madre, la borgata“.

La giornalista del Corriere della sera chiede a Zero di parla de di due album fondamentali. Il primo, uscito nel 1973 si intitola “No! Mama, no!”, un disco in cui – sottolinea la giornalista Sandra Cesarale, il cantante si scagliava contro conformismo e aborto.

“Quel disco annunciava che sarei stato uno dalle mille facce – spiega Renato Zero, che coglie l’occasione per far capire il ruolo che trucchi, lustrini e maschere hanno sempre avuto nelle sue performance: “La maschera era un elemento di greci e latini, la preferivano alla diplomazia, al falso istituzionale, perché dava vita a un gioco in cui si può mettere alla prova l’intuito”. Anni dopo, usciva “Qualcuno mi renda l’anima“. A proposito di questo disco, il cantautore spiega: “La gente mi diceva: perché parli dei pedofili se non ci sono?”. A questo punto l’artista fa una rivelazione finora rimasta riservata e premette: “Spesso per scrivere le mie canzoni si accendono le foto della memoria”. Quindi il racconto di un episodio che lo ha profondamente segnato: “Un giorno mi trovavo a piazza Augusto Imperatore con la retina per le farfalle e il mio cane. Un signore con la patta sbottonata mi chiese: “perché non vieni qui a prendere le farfalline?” Immagini un bambino che assiste a una cosa del genere”. Quindi non ha dubbi: “Il Renato adulto porterebbe quel signore al commissariato“.

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