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Emanuele Crialese, la rivelazione in conferenza stampa: è un uomo trans, il regista è nato “Emanuela”

Pubblicato: 05/09/2022 11:49

Nel corso di una conferenza stampa al Festival del cinema di Venezia, il noto regista Emanuele Crialese ha parlato del suo film, L’Immensità, e facendolo ha colto l’occasione per raccontare un fatto privato di enorme importanza per la sua vita come uomo e come regista. Emanuele Crialese ha infatti raccontato di essere nato donna e di essere dunque un uomo trans: in un’intervista ha spiegato quanto il film, che racconta del rapporto intenso tra una madre ed un’adolescente trans, sia autobiografico.

Emanuele Crialese, la rivelazione: nato come donna e diventato uomo

L’immensità è la storia del rapporto viscerale tra una donna, interpretata da Penelope Cruz, e sua figlia Adriana, che da tutti si fa chiamare Adri e vuole essere percepita dal mondo come maschio e non come femmina. Nella conferenza stampa Crialese ha spiegato quanto ci sia di profondamente autobiografico nel film. Crialese ha parlato a lungo di come la sua transessualità sia stata vissuta da sua madre: “Lei è stata peggio di me, si nascondeva più di me. Era una donna degli anni ’70 e ’80 che era sola con questo problema che per lei era un problema, per me solo un modo di esistere. Io e lei eravamo molto complici ma lei soffriva del mio dolore e io del suo di cui ero responsabile. A volte è meglio stare insieme, altre volte no perché si è responsabili del bene anche dell’altro”.

Emanuele Crialese, la transizione: “Ho dovuto lasciare un pezzo del mio corpo”

In un’intervista a Il Corriere della Sera, Crialese ha poi spiegato: “Io sono quello che sono, perché devo rassicurare? C’è bisogno che dica io sono maschio o femmina? Sono quello che lei ha davanti, non basta? Sono e non sono, essere o non essere… Spero di non minacciare nessuno”. Emanuele un tempo fu Emanuela, e quella singola lettera è stato un grandissimo cambiamento, ma anche un cambiamento infinitesimale: “Per cambiare la A con la E del mio nome, ho dovuto lasciare un pezzo del mio corpo, il pegno che mi ha chiesto la società, sennò non avrei potuto cambiare nei documenti”.