Vai al contenuto

Alvaro Vitali, il dolore: vive con 1200 euro al mese, cosa gli è successo e perché non lo fanno più lavorare

Pubblicato: 10/01/2023 16:42

La vita di Alvaro Vitali è stata una continua discesa e risalita dalle montagne russe. Proprio l’attore lo racconta, evocando gli inizi della sua carriera con Federico Fellini e spiegando come il successo e la fama lo abbiano travolto, senza che lui avesse cercato né uno né l’altro, e di come le cose siano precipitate dopo un po’ di anni, e perché.

Alvaro Vitali, come ha spiegato a Repubblica, non ha voluto fare l’attore fin da subito. La sua vita professionale era iniziata nei cantieri: “Facevo l’elettricista a Trastevere”. Poi arrivò il dopo di fortuna con sciarpa e cappello, ovvero Federico Fellini: “Un giorno venne a trovarmi uno del mio quartiere, Pippo Spoletini, che di mestiere faceva il capogruppo sui set: reclutava le comparse per il cinema. Mi disse che Federico Fellini cercava un ragazzino magro come me. “Chi è Fellini?” gli chiesi. Io al cinema andavo a vedere i film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Era il 1969, avevo diciotto anni. Facevo il ragazzo di bottega in un negozio di piazza Mastai. Il principale, Gino Segarelli, mi passava 16mila lire a settimana”.

Alvaro Vitali e gli inizi come elettricista: l’incontro che gli ha cambiato la vita

Se come elettricista guadagnava 16mila lire a settimana, come attore ne guadagnava 70: così in poco tempo, anche grazie all’approvazione del suo lavoro da parte di Fellini, cominciò a guadagnare bene:” Fellini è stato di una generosità enorme con me”. Con i primi soldi comprò una casa a sua nonna: ”Papà aveva una piccola impresa edile a conduzione familiare. Mamma gestiva un baretto nello stabilimento della Titanus sulla Tiburtina. Vivevamo in via San Francesco a Ripa, a Trastevere. Mamma portava i cestini sui set. Lei e papà fecero pure le comparse per Napoli milionaria, il film di Totò”. Poi arrivarono le commedie sexy: ”Amarcord mi diede notorietà. Il regista Nando Cicero, che era stato l’aiuto di Francesco Rosi, stava preparando “L’insegnante”, con Edwige Fenech. Mi chiamò. Dovevo interpretare un alunno siciliano che le sbavava dietro. Non poteva chiedermi di meglio: mi ero sempre ispirato a Lando Buzzanca. I cinema scoppiavano. La lavorazione durava tre settimane: costi all’osso e incassi mirabolanti. Una manna. ambiavo macchine ogni tre mesi. E donne. Ho lavorato con le principali sex simbol degli anni Settanta. Ero invidiatissimo”.

Chi davvero lo amava però era il popolo, quello più inaspettato:” Il popolo! L’Italia profonda. Soprattutto comitive di ragazzetti. L’élite invece ci disprezzava. Oggi invece in tanti anche delle classi colte li guardano volentieri quando passano in tv. Erano prodotti con tempi comici ben fatti. Piacciono molto ai preti. Me lo confessano loro stessi. Faccio ancora molte serate in provincia, talvolta sono organizzate dalle parrocchie. Spesso il sacerdote mi prende in disparte e mi confida la sua ammirazione”.

Dal 1983, dopo alcuni grandissimi successi, ha smesso di lavorare, nonostante ci fossero grandi opportunità sul mercato:”In quegli anni partì il filone dei cinepanettone. Potevo entrarci. Invece niente. Nessuno mi ha fatto più lavorare. Non me lo spiego. Ero popolarissimo. E lo sono ancora a 72 anni. Mi fermano per strada, mi chiedono i selfie. “Alvaro, tu sì che ce facevi divertì”, dicono. Ho pure vinto il Leone d’Argento alla carriera. Il cinema l’ho salvato io. La commedia italiana sì, dai. Stava morendo negli anni Settanta”. La vita, a quel punto, è stata una sequenza di crolli:”Sì. Non me annava de fa’ gnente. Non volevo più vedere nessuno. Non rispondevo più nemmeno al telefono. Mi mancava l’aria. Un periodo terribile. Mi è stata vicina con pazienza mia moglie, Stefania Corona. Mi portava con sé alle sue serate, lei canta; era un modo per riportarmi nell’ambiente. E’ stata una ripresa lenta, faticosa”. Ora, il grande Alvaro Vitali vive di 1200 euro al mese:”Mi hanno fregato un sacco di contributi. Le case di produzione mi pagavano a giornata, ma su trenta me ne segnavano dieci al massimo. Così per anni. Non c’era internet, non c’erano i controlli di adesso, ed io mi sono fidato. Quello è stato il mio errore. Ogni sei mesi mi arriva però un assegno per i passaggi televisivi dei miei film, per il resto campo delle serate”.

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2023 17:14