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Retroscena, la minaccia di Giorgia: “Se continuate così si va al voto”

Pubblicato: 22/09/2023 17:05

Uno spettro si aggira per Palazzo Chigi: è quello delle elezioni anticipate. Che poi, riflettendo e ricordando, si tratta di un fantasma che da oltre mezzo secolo sta di casa dalle parti di piazza Colonna. Ma che l’esecutivo modellato da Giorgia Meloni, e dai suoi (non sempre) alleati, mai avrebbe ipotizzato di ritrovarselo intorno.

Ipotesi voto, per ora non prevedibile nel breve termine

È bene chiarire subito: il ritorno al voto per eleggere un nuovo parlamento non è al momento all’orizzonte, o prevedibile nei tempi. È altamente ipotizzabile invece di fronte all’arrembante schema di gioco messo in campo dalla Lega, che sembra essere ricalcato pari pari dai manuali di politica della Prima repubblica: allargare il proprio spazio all’interno di una coalizione di governo, puntando a ottenere più posti di controllo per orientarne le scelte e, quindi, “contare” in misura maggiore.

La Lega punta ad alcuni ministeri, la paura di Meloni

Niente di nuovo sotto il sole capitolino. Anche nelle migliori e più vincenti coalizioni politiche un assestamento di ruoli e posizioni è fisiologico. Per questo, soprattutto per un governo che ripete in ogni dove di voler durare per l’intera legislatura (5 anni), sarebbe normale mettere in agenda un rimpasto tra i ministri. Meno normale, soprattutto agli occhi della premier e del suo strettissimo gruppo dirigente, è il dover rimescolare le carte di fronte ai continui strappi in avanti (o meglio, verso la destra della coalizione) del Carroccio. Che non fa mistero dei dicasteri su cui candiderebbe i “suoi” sostituti.

Al compimento di un anno di governo, evento più mediatico che altro, la prima ministra ha voluto presentare un suo bilancio. Se non altro per parlare ai suoi elettori, quelli di Fratelli d’Italia principalmente, che resta saldamente – sondaggi alla mano – il partito più amato dagli italiani. Ma il messaggio è ovviamente destinato ai compagni di viaggio di Forza Italia e della Lega, specificamente.

Il partito-movimento guidato dal ministro Matteo Salvini da mesi ormai mette in fila azioni e dichiarazioni dal tono inequivocabilmente elettorale. Tutti dalla coalizione di centrodestra si affanno a ripetere che “è normale, in vista delle elezioni europee del prossimo anno”. Chiudendo occhi e orecchi di fronte a chi avverte del pericolo domestico: attenti, Salvini punta a occupare spazi e potere all’interno del governo. Processo che si snoda sulle materie per cui il Capitano, come è definito ancora dai suoi, non teme nemmeno le interrogazioni a sorpresa. Immigrazione su tutte.

È limpidamente evidente il quadro emerso giorni fa, quando la premier italiana Giorgia Meloni volava a Lampedusa con la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, richiamate dall’emergenza sbarchi che ha superato ogni precedente per l’Italia. Nelle stesse ore a Pontida sbarcava invece Marine Le Pen, deputata della destra francese lanciata verso la presidenza , che con il vicepremier italiano Salvini lanciava proclami e slogan contro l’invasione ai confini. Come a ribadire: quanto sta facendo il governo italiano sui migranti non basta, noi (Lega) avremmo fatto di più e meglio.

Scontro istituzionale a parte, dalla Padania questo è altri argomenti di sfida al proprio stesso governo sono quotidiani. Alzare l’asticella del confronto con i compagni di avventura, se non attuare una fase di logoramento della leader: quale che sia la lettura, i segnali diretti a FdI sono chiari. Lo stesso capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, è stato laconico: “Noi siamo molto soddisfatti dei nostri ministri. Non so se gli alleati lo siano dei loro”. Ecco il segnale, dunque: evidenziare le fragilità di rendimento di alcuni nomi del team della Meloni per far emergere quei ministri non ritenuti all’altezza. Quindi da rimpiazzare, in un rimpasto collocabile subito dopo le Europee della prossima primavera – su cui la Lega scommette per rubare voti a FdI – con nomi indicati dal Carroccio.

Matteo Salvini vuole togliere la poltrona a Piantedosi

I nomi? I radar leghisti li hanno captati da tempo. In testa c’è il titolare dell’Interno, Matteo Piantedosi, che Salvini non ritiene all’altezza (se non altro per il precedente della sua presenza al Viminale). Anche se difficilmente quello dell’ex prefetto di Roma sarebbe un nome contendibile per la premier. Più deboli, oggettivamente, le poltrone ministeriali di Daniela Santanché al Turismo (è sotto inchiesta della magistratura); così come quello di Gilberto Pichetto Fratin (Ambiente e sicurezza energetica), sacrificabile se sempre dalle urne per Bruxelles il partito che fu di Berlusconi dovesse uscire con percentuali più ridotte. Per non tralasciare il titolare del ministero del Made in Italy, Adolfo Urso, al momento probabile candidato FdI per l’Europarlamento con ampie possibilità di elezione (e per questo sostituibile).

Ingredienti per il rimpasto in salsa leghista non sembrano mancare. Allora da dove salta fuori quel fantasma di Palazzo Chigi, che porterebbe al voto anticipato? Proprio dal dover affrontare e stoppare l’offensiva del ministro delle Infrastrutture. Meloni più che farsi logorare dai leghisti irriconoscenti, oltre che dover affrontare i tanti temi spinosi che si apparecchiano – legge di bilancio, tenuta dei conti, rapporti con l’Europa ecc. – passerebbe al contrattacco. Chiedendo lei di sondare nuovamente gli italiani alle urne, piuttosto che cedere alla cronica smania di potere del suo vice a Palazzo Chigi.

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Ultimo Aggiornamento: 26/09/2023 19:02

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