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Malata terminale di cancro “uccisa con un’iniezione”, medico e marito sul banco degli imputati

Pubblicato: 04/10/2023 11:34

“Tumore maligno al colon”. Una diagnosi che nel suo caso lasciava ormai poco spazio alle speranze, senza che nessuna cura palliativa, neanche massicce dosi di morfina, facesse effetto. Al suo fianco, anche negli ultimi tragici momenti, il marito, 53 anni, imprenditore, a cui la donna avrebbe confessato di desiderare una morte dignitosa. Una richiesta comune a quanti chiedono una legge che consenta l’eutanasia. E’ una storia di dolore quella raccontata oggi dal Corriere.

L’iniezione letale di cloruro di potassio

Ed è in questo clima di angoscia disperazione, che la notte del 13 gennaio 2019, l’imprenditore avvicina un medico di guardia, 32enne, supplicandolo di porre fine alle sofferenze della moglie. Una supplica che il dottore esaudisce, uccidendola di fatto con un’iniezione letale di cloruro di potassio. Il tutto avviene in una delle stanze dell’Idi (Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma) dove la donna era ricoverata, scrivono Giulio De Santis e Clarida Salvator sul Corriere.

Questa la ricostruzione di quella notte, fatta dal pm Stefano Luciani, che ha chiesto il rinvio a giudizio del marito e del medico con l’accusa di omicidio volontario. La Procura contesta ai due imputati anche tre circostanze aggravanti: si sarebbero approfittati delle condizioni della donna, impossibilitata a difendersi perché in stato di incoscienza; avrebbero abusato dei poteri derivanti dall’impiego del medico in una struttura pubblica; infine, avrebbero commesso un omicidio ai danni di una paziente ricoverata in ospedale mediante uso di sostanze con “effetto venefico”.

I colleghi del medico: “Un professionista apprezzato”

Di quella vicenda, ancora oggi, chi lavora nei reparti dell’Idi ha un ricordo indelebile. Alcuni medici confessano che all’epoca ci fu grande incredulità, ma capirono le ragioni di quel gesto “di umanità” verso una persona che stava soffrendo in modo indicibile e che comunque aveva il destino segnato dall’esito della malattia. Del collega, ora imputato e il cui fascicolo all’Ordine di Latina risulta sospeso, raccontano al Corriere: “Lo ricordiamo bene, una persona e un professionista molto apprezzato, anche se molto giovane”. E c’è chi aggiunge: “Rimanemmo tutti sorpresi di quella decisione, forse sbagliata, ma presa in un frangente terribile, che lo coinvolse da un punto di vista umano e professionale”.

Il procedimento giudiziario

È stata fissata al prossimo 10 novembre l’udienza preliminare nella quale il gup, Daniela Ceramico D’Auria, deciderà sulla richiesta avanzata dalla procura, dopo quattro anni di indagine. Un tempo che chiarisce quanto sia stato travagliato il percorso istruttorio, segnato da decine di interrogatori, di questa drammatica storia. Emersa dopo che lo stesso medico di guardia aveva scritto nella cartella clinica della donna di aver somministrato per via endovenosa la soluzione di cloruro di potassio diluito.

“Mia moglie aveva chiesto l’eutanasia”

Una svista? Una sorta di ammissione? Domande senza risposta perché il medico, che venne subito licenziato dall’Idi, decise di non fornire alcuna spiegazione durante l’interrogatorio davanti al pm, scrive ancora il Corriere. Che invece ha ascoltato la versione del marito: “Mia moglie aveva chiesto l’eutanasia”, ha detto. Non è ancora chiaro se i genitori della vittima, assistiti dall’avvocato Fabio Rocco, si costituiranno parte civile.