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Uccisi a 4 anni vicino al confine: il tragico destino che unisce Omer, israeliano, e Omar, palestinese

Pubblicato: 27/10/2023 09:56

Omer e Omar. Sono i nomi, quasi identici, di questi due bimbi sorridenti nella foto. Anche l’età è la stessa, 4 anni, così come il loro destino: il primo israeliano, il secondo palestinese, sono morti a pochi chilometri di distanza, sui due lati del confine che separa lo Stato ebraico dalla striscia di Gaza: Omer ucciso il 7 ottobre da Hamas, con tutta la sua famiglia, nel kibbutz in cui vivevano; Omar morto sepolto dalla casa che gli è crollata addosso quattro giorni più tardi, quando è stata colpita da un missile israeliano.

L’attacco di Hamas ha colto Omer Siman-Tov nel kibbutz Nir Oz, una delle fattorie agricole collettive a una manciata di chilometri dalla frontiera di Gaza messe nel mirino dai fondamentalisti islamici del gruppo. Uomini armati sono penetrati nella sua abitazione, hanno sparato al padre Yonatan e alla madre Tamar, lasciando Omer e le sue due sorelline di qualche anno più grandi all’interno dell’abitazione, a cui hanno poi dato fuoco. I tre bambini sono morti bruciati vivi. Una foto della famiglia Siman-Tov è finita sul profilo del governo israeliano su X, l’ex-Twitter: ritratto di due genitori e tre figli, all’aria aperta, sorridenti e felici. “Un’intera famiglia spazzata via dai terroristi di Hamas”, diceva il post, riportato da Repubblica.

Omer e Omar, due bambini uccisi due volte

Ma tra i commenti lasciati dagli utenti, accanto a parole di condoglianze, solidarietà e dolore, molti hanno accusato Israele di avere pubblicato una foto falsa. “Il bambino indicato come Omer è un attore, non è morto, sta benissimo, lo hanno pagato per recitare il ruolo della vittima dei palestinesi”, afferma uno. “Sono tutti attori, quella famiglia nella realtà non esiste”, afferma un altro. “Non ci sono prove, Israele smetti di mentire”, sostiene un terzo. (Una reazione simile, lo ricordiamo tutti, a quella della Russia dopo i bombardamenti dell’ospedale di Mariupol, durante la guerra in Ucraina, quando una donna incinta, trasportata via in barella fra i crateri lasciati dalle bombe, fu descritta da Mosca come “una nota attrice”).
A 23 chilometri dal kibbutz dove ha perso la vita Omer, quattro giorni dopo è morto Omar Bilal al-Vanna, sotto le macerie provocate da un raid aereo israeliano su Zeitoun, un sobborgo di Gaza City. Il piccolo bambino palestinese stava giocando in giardino con il fratello Majd di sette anni, quando un razzo ha fatto crollare loro addosso l’abitazione. Omar non ce l’ha fatta, Majd è rimasto ferito a una gamba. Qualche ora più tardi sui social è circolata una foto del padre di Omar, Al Banna, che teneva fra le braccia il corpicino senza vita del figlioletto. E su X è arrivato subito il commento velenoso d’un account israeliano: “Non cadete nell’imbroglio. Non è un bambino vero, è una bambola!”.

Omer e Omar, la propaganda annienta anche il loro ricordo

Il tragico destino che ha fatto morire questi due bambini, li ha uniti anche sotto un altro aspetto: sui social media la fine dell’uno e dell’altro è stata negata da migliaia di utenti, accomunati dall’odio che si rifiuta di accettare la realtà e trasformati in propaganda. (continua dopo la foto)

Il Corriere della Sera, oggi, li chiama “becchini” dei social: sono loro ad aver stabilito che quei due bambini non esistono. Non basta ucciderli, i bambini di questa guerra. Li torturano, li bombardano, li polverizzano, li sventrano, li ustionano, qualcuno ha raccontato che li hanno pure decapitati. E dopo, nemmeno questo basta, perché loro, i becchini, ne uccidono anche il ricordo. E sul web, nemmeno li seppelliscono.

Ultimo Aggiornamento: 27/10/2023 09:58