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Bastonate sulla schiena: il video delle violenze contro i migranti in un lager libico

Pubblicato: 05/11/2023 15:38

La Libia si conferma teatro di una tragedia umana inenarrabile, dove la violenza dei trafficanti di uomini non conosce tregua. Una realtà spietata si palesa attraverso immagini strazianti di due giovani donne tigrine e di un adolescente, vittime di abusi inauditi. Luam Addis Beyene e Mercy Zeru Debas, originarie della regione etiope del Tigray, sono state brutalmente torturate da chi le avrebbe dovute condurre verso la speranza di una vita migliore.

In un mondo che dovrebbe garantire sicurezza e diritti, queste donne sono state invece private della loro dignità, spogliate e picchiate selvaggiamente, le loro grida di dolore ignorate dai loro aguzzini. I filmati, arrivati alle famiglie attraverso una rete di conoscenze, mostrano senza filtri la crudeltà delle torture: pesanti colpi inferti sulla schiena con un tubo di gomma, visi truccati e sorridenti dei giorni sereni trasformati in sembianze segnate da cicatrici e lividi.

Tra le vittime figura anche Kidaneh Zemichael Kidane, un adolescente che mostra una piccola croce di legno, simbolo della sua fede cristiana e, nel contempo, simbolo della sua vulnerabilità. Nel suo video, invoca disperatamente pietà e denuncia un riscatto proibitivo per la sua liberazione. La sua testimonianza, che racconta mesi di prigionia e fame, è confermata dal suo aspetto emaciato e dai gesti che lasciano intendere ulteriori torture.

Le voci degli attivisti di “Refugees in Libya” riecheggiano inascoltate mentre si sforzano di sollecitare l’intervento delle autorità di Tripoli e di denunciare queste barbarie alla polizia. Eppure, il silenzio è la risposta più assordante.

Un luogo di veri orrori

L’area di Bani Walid, sotto il controllo della “Brigata 444“, continua ad essere un luogo di orrori nonostante i rapporti dell’Ufficio Onu per i diritti umani, che già un anno fa avevano denunciato la realtà di queste prigioni come centri di detenzione della Direzione per la lotta alla migrazione illegale. Evidenziando l’impunità con cui vengono commessi crimini come la schiavitù sessuale, il quadro delineato era già di per sé agghiacciante.

Le indagini dell’Onu

Ulteriori indagini dell’ONU hanno rivelato una rete di diciannove centri operativi di trafficanti sparsi in tutta la Libia, utilizzati come basi per l’organizzazione del traffico di esseri umani e per l’estorsione di denaro ai danni dei migranti. Sono luoghi di detenzione di lungo termine, dove le persone sono private illegalmente della libertà, sottoposte a torture e maltrattamenti, a scopo di sfruttamento lavorativo e sessuale.

La disperazione di queste vittime, e l’orrore delle violenze subite, gettano una luce cupa sull’insufficiente risposta internazionale a tali atrocità. La sfida è enorme: interrompere queste pratiche inumane, assicurare protezione e giustizia alle vittime, e smantellare le reti criminali che si nascondono dietro la facciata di un falso rifugio. Il tempo delle denunce è passato; ora è il momento dell’azione concreta.