Vai al contenuto

Vittorio Parsi e l’idea di ritrovare il concetto di patria: “Non possiamo rimanere orfani”

Pubblicato: 08/11/2023 10:09

“Una nuova riflessione sul concetto di patria è opportuna oggi? Sì, se si guarda sl dibattito politico italiano in cui il termine finisce spesso per essere impiegato nell’accezione opposta a quella originale: non per unire, ma per dividere”. Parte da questa analisi la ricerca di Vittorio Emanuele Parsi contenuta nel suo ultimo lavoro – “Madre Patria, un’idea per una nazione di orfani” (Bompiani) – appena uscito in libreria. The Social Post lo ha intervistato a margine degli incontri per “Lezioni di democrazia”, ospitati all’Università della Tuscia di Viterbo.

Parsi, il significato di Patria torna a essere un valore della contemporaneità e non solo, verrebbe da dire, di una parte politica?

“Il riconoscersi nella Madre Patria può tornare ad affratellarci – sostiene Parsi – che metta insieme il meglio del passato e le speranze più audaci per il futuro. Nel libro parlo di Risorgimento dimenticato per auspicarne uno nuovo, per un’idea di Patria gentile e aperta sul mondo, con i suoi valori e tradizioni e non impaurita e nostalgica. Una stella polare che guidi l’infinito viaggio degli italiani “vecchi o nuovi” che siano, su un oceano che non ci stancheremo mai di navigare”.

Perché siamo una nazione di orfani della patria?

“Io ritengo che si debba far ritornare la nostra Madre Patria dall’esilio in cui l’abbiamo confinata, incapaci di affrontare lealmente il dibattito civile e politico senza appropriarci del suo nome in modo partigiano e particolaristico. Proprio oggi non possiamo restare unici orfani in un mondo e in un’Europa in cui nessuno rinnega la propria Patria. Senza un senso di questa nessuna riforma delle nostre istituzioni, nessun processo di necessaria unificazione europea è percorribile con successo”.

La patria come valore politico universale, quindi.

“Lo è, ma può svilupparsi solo a partire da un’elaborazione sentimentale e culturale che scaturisca da cuori e menti dei cittadini, i quali erano qui prima che le forze politiche attuali prendessero forma e lo saranno dopo che queste saranno scomparse o persino dimenticate. Per questo mi auguro, con questo lavoro, di aver toccato i più giovani e di aver contribuito a rendere meno retorico, astratto e distante il concetto di Madre Patria”.

Con Parsi, politologo e docente di Relazioni internazionali all’Università cattolica di Milano, non potevamo non parlare dei temi, e dei timori, legati ai conflitti in corso. Come quello in Ucraina.

“La guerra voluta dalla Russia contro gli ucraini ha mostrato i due volti della Patria e del patriottismo: quello malevolo e arcigno, aggressivo e violento, che pone la propria Patria al di sopra dei criteri di giustizia e umanità, come quello della Germania nazista e dell’Italia fascista, incarnato dalla Russia di Vladimir Putin. Ma anche ciò che evoca echi risorgimentali e resistenziali, rappresentato plasticamente da tutto il popolo dell’Ucraina guidato da Zelensky. Anche se in questi mesi è emerso che una parte forse maggioritaria di italiani ritiene che, per la salvezza della propria Patria aggredita da un esercito invasore, ci sia un popolo disposto a sacrificarsi o lottare fino ad accettare la prospettiva della morte”.

Il 7 ottobre scorso è riesplosa anche la tensione che in molti, troppi, ritenevano “addomesticata”, quella tra Israele e Palestina.

“Non c’è posto migliore per cercare di separare e dividere l’Occidente che il Medio oriente, sul quale le opinioni sono diverse non solo tra le due sponde dell’Atlantico, ma anche all’interno dell’Europa. La Russia ha finanziato pesantemente sia Hamas che Hezbollah e non può essere contemplata come partner per risolvere questa crisi, errore cha tanti fanno. Perché la Russia sta guadagnano da questa crisi”.

Missione “destabilizzare l’Occidente”. Gli interessi russi e cinesi potrebbero aver spinto Hamas a sferrare quell’attacco?

“Non credo a questi meccanismi, alle guerre per procura: la gente fa già fatica a morire per la propria patria, figuriamoci per quella di un altro. Pressioni e finanziamenti ci sono stati, ma nessuno combatte in Medio Oriente per Putin e nessuno in Ucraina per Biden. Ciò non toglie che si debba essere attenti: la crisi in atto può diventare molto grave se degenera. Ma se riuscissimo a tenerla sotto controllo, la nostra esperienza storica ci dice che queste crisi non sono mai deflagrate fino a far saltare in aria il mondo”.

Ma Hamas avrebbe fatto tutto questo senza il precedente attacco di Mosca a Kiev?

“Io posso dire una cosa: non si è mai vista una crisi mediorientale in presenza di una guerra in Europa. Neanche durante la Guerra fredda. Questo è molto peggio rispetto ai precedenti contrasti con Israele, ma non ci può portare a dire che chi subisce l’aggressione debba smettere di difendersi perché così la guerra finisce, reazione tipica che emerge per l’Ucraina. Mentre nessuno dice ai palestinesi di Gaza di smettere di difendersi. Lo dico ai molti che hanno soluzioni in tasca pronte senza capire i contesti nei quali emergono i fatti”.

Parlava prima della forte differenza con la guerra in Ucraina?

“Quella per noi è esistenziale. Perché se la Russia riuscirà a portare a casa i suoi obiettivi lì non ci sarà più nessuna possibilità per l’Unione europea di essere credibile: il mondo andrebbe in una direzione opposta a quella per cui il progetto Europa resti probabile. La difesa delle nostre democrazie deve esercitarsi sia all’esterno, contro la minaccia armata, sia all’interno visto certi sovranisti che guardano a Mosca. Ricordiamoci delle posizioni di Salvini su Putin e delle sue magliette”.

Ma è ipotizzabile, di fronte all’offensiva della Lega tutta al lato destro del governo, un azzardo della Meloni che rompe con Salvini e porta l’Italia a elezioni anticipate chiedendo la fiducia piena?

“Le capacità eroiche delle persone si vedono dopo, mai prima. Ci sono due elementi: quanto l’idiosincrasia nei confronti di Salvini da parte di Meloni sia maggiore o superiore rispetto a quella verso altri. E quanto contano tutte le cose della politica ordinaria, dalle varie quote di pensione ai balneari e ai tassisti, su cui non hanno poi idee così diverse. Meloni una visione del mondo e dell’Italia, magari in rielaborazione forzata, ce l’ha. Salvini è un opportunista che segue l’opinione comune. Elezioni anticipate? C’è la questione della legge elettorale, che premia le coalizioni e boccia chi va da solo: un fattore negativo, disincentivo forte a correre da soli mentre è premiato chi dice “mettiamoci insieme e vinciamo le elezioni”. Poi il giorno dopo si inizia a litigare, che è esattamente quello che fa Salvini da quando prese un terzo dei voti della Meloni”.

La politica estera in questa fase sta dando più soddisfazioni alla premier?

“In politica estera ha espresso una posizione importante pro Ucraina ed è stata considerata dal mondo esterno come non ostile, visto che quello guardano tutti i paesi con un occhio attento è soprattutto su quanto un paese è affidabile sul fronte economico, cioè l’affidabilità. Meloni ha seguito il ruolo di Draghi, che è stato fondamentale, sulla posizione europea per l’Ucraina, e in Europa è stata un po’ più ondivaga ma meno di altri. Anche se la Ue sta guardando ora la questione sulla ratifica del Mes, che non è un elemento negoziale. Già l’immigrazione e i parametri del debito nazionale richiedono quanto di più vicino alla ratifica dei trattati si possa ipotizzare, ma è difficile che il Mes sia un elemento negoziale nel consenso a 26 già raggiunto. Si rischia di far salire inutilmente il clima, perché ci sono cose che non si possono fare in Europa”.

E sulla politica interna?

“Sulla politica interna non vedo grandi cambiamenti oggi. Nel Paese c’è un forte riflesso conservatore e per questo sarebbe importante avere un partito diverso da quello degli eredi dei non fascisti, dopo Almirante e Fini. E’ un’opportunità che Meloni ha, saprà giocarla? Io come italiano devo sperare che abbia successo non solo per i problemi del Paese, ma che sappia evolvere verso una forza politica con i numeri della Democrazia cristiana, per assicurare stabilità in un sistema che oggi è estremamente volatile”.

Uno scenario che spingerà ancora verso il bipolarismo?

“Dico questo: quando c’era la Dc i governi erano più stabili e con un’azione di governo più continuativa, anche se cambiavano i presidenti del consiglio. Ora vediamo, con ogni piccolo capo partito che diventa capo politico, degli sbandamenti continui. Non credo che il bipolarismo sia migliore di un altro sistema e che il maggioritario funzioni sempre. Funziona se c’è una grande coesione sociale, altrimenti esaspera la polarizzazione come negli Usa. Da noi credo che il proporzionale, con una della soglia di sbarramento tra 3 e 5 per cento, sia più in grado di rappresentare le sfaccettature dell’Italia. Poi servono meccanismi istituzionali che assicurino l’operatività del governo. Sono ancora convinto che la modalità tedesca della sfiducia costruttiva funzioni più di altre cose”.

Ultimo Aggiornamento: 08/11/2023 12:12