
“Mica è facile dire: io picchiavo“. Michele M., impiegato di Torino e padre di due figli, parla apertamente, con coraggio ma anche con fatica, del suo passato violento e del percorso che l’ha portato a diventare una persona diversa. Dopo aver distrutto due relazioni con i suoi comportamenti abusivi, Michele ha intrapreso un viaggio di tre anni di introspezione e riforma personale con l’aiuto di educatori e psicologi. La sua storia, raccontata a Repubblica, offre uno sguardo intimo sulle sfide e le possibilità di cambiamento per gli uomini violenti.
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Michele, violento e inconsapevole: la storia del suo matrimonio
Il cammino di Michele verso la redenzione inizia con la dolorosa ammissione della sua natura violenta e l’incapacità di riconoscerla senza scuse. Spiega che, quando picchiava, riusciva sempre a giustificare le sue azioni: “Mi dicevo: è stata lei a provocarmi, mi tradiva, voleva dominarmi, l’ira mi ha accecato. Come un ritornello. Dunque no, non ero consapevole”. “Ero molto geloso e pensavo che lei avesse una relazione con il suo capo,” Michele ricorda di un incidente particolarmente grave con la sua ex moglie. Una spinta contro il muro, una testata e una visita al pronto soccorso hanno segnato il momento più basso della sua vita. Tuttavia, non è stata l’umiliazione o la vergogna a cambiare Michele, ma la realizzazione dell’ambiente tossico in cui era cresciuto, “una cultura intrisa di maschilismo”. L’ha ritrovata pochi giorni fa al cinema, quando è andato a vedere C’è ancora domani: “Sono andato a vedere il film di Paola Cortellesi e ho pianto per tutto il tempo. Nella violenza di quel marito, di quel padre, di quei maschi che parlano soltanto il linguaggio della violenza ho riconosciuto un pezzo di me, dell’uomo che ero. Non sono mai stato così feroce, ma se anche una volta hai alzato le mani su una donna, se hai sentito quella maledetta voglia di sopraffazione, vuol dire che la violenza ce l’hai dentro e l’unico modo per salvarsi è riconoscerla. Cambiare si può, io l’ho fatto“.
Una scena sulla violenza di genere in C’è ancora domani:
Il divorzio, poi la svolta e il Cerchio degli uomini
Il punto di svolta per Michele è arrivato dopo un altro episodio di violenza con la sua seconda compagna. Accadde dopo la nascita dei loro due figli ( “Se ripenso alle scene che hanno visto i miei figli da piccoli sto male davvero”) e portò la donna a separarsi da lui: “Una sera le ho tirato uno zoccolo in faccia e le ho incrinato il setto nasale. Mi ha denunciato. Ci siamo lasciati. Abbiamo divorziato. Ancora mi chiedo come mai non ci fossimo lasciati prima”. Dopo ha avuto altre due relazioni e con la seconda compagna la violenza è riesplosa : “Ricordo la mia rabbia feroce: mi sono buttato su di lei in un lampo, con tutta la forza che avevo e le ho messo una mano al collo,” riflette. Fu allora che Michele vide un manifesto per il “Cerchio degli uomini“, un centro di ascolto a Torino dedicato all’aiuto degli uomini violenti. Fu colpito dal messaggio e decise di chiamare immediatamente, intraprendendo così il percorso verso la rinascita.

Nei lunghi incontri del “Cerchio degli uomini“, Michele e altri uomini come lui imparano a riconoscere, affrontare e smantellare la loro aggressività. “Sì, il patriarcato ce lo abbiamo dentro tutti, sradicarlo è difficilissimo, fa male,” afferma Michele, evidenziando il duro lavoro svolto nel gruppo con psicologi e counselor.
Dopo tre anni, Michele si considera cambiato. Ha imparato a gestire la rabbia e ora vive un rapporto sereno con la sua nuova compagna. Anche i suoi figli hanno compreso il percorso intrapreso dal padre e hanno trovato una rinnovata connessione con lui. Michele porta con sé il messaggio del “Cerchio degli uomini” ovunque vada, consigliando agli uomini violenti di cercare aiuto. “La rabbia si può dominare ma da soli non ce la possiamo fare. Agli uomini violenti, dico: chiedete aiuto”, conclude Michele.