
Sembrava che vedesse, leggesse, capisse tutto dietro a quella spessa montatura nera che non cambio mai. Henry Kissinger ha visto e conseguentemente influenzato tutto il secolo scorso. Ebreo tedesco di Baviera nacque a Fürth nel 1923, verso la fine degli anni trenta la sua famiglia, padre insegnante madre casalinga, in seguito alle persecuzioni emigrò in America e si stabilì per Manhattan. Partecipando da soldato quasi “semplice” alla seconda guerra mondiale il giovane Heinz, poi naturalizzato Henry, entrò nell’intelligence del US Army, parlava tedesco e, dopo la battaglia delle Ardenne, divenne fondamentale nel periodo di confusione della Germania dopo il crollo del regime nazista.
Henry Kissinger, l’uomo del pragmatismo che cacciò i nazisti in fuga
Pare che da soldato semplice governò mise a posto in poche settimane una città, Krefeld, da 500.000 abitanti con il suo pragmatismo teutonico. Ebbe un ruolo nella caccia ai nazisti in fuga. L’intelligence avendolo promosso sergente lo fece insegnante, e voleva trattenerlo con un lauto stipendio, ma lui scelse di studiare e tornato in patria entrò ad Harvard e si laureò con il massimo dei voti. Si specializzò in studi strategici, e suo fu il trattato di maggior spicco sulla deterrenza nucleare. Divenne subito consulente di tante amministrazioni, soprattutto repubblicane. Lui era un conservatore ebreo, un repubblicano pragmatico e realista.
Henry Kissinger e la realpolitik
Forse è stato lui l’interprete più incisivo della Realpolitik. Fu consulente di Eisenhower ma anche del democratico J.F.Kennedy e di Lyndon Johnson, proprio per il suo atteggiamento pragmatico e realista. Poi grazie anche ad un altro influente ebreo newyorkese, Nelson Rockefeller, entrò nell’amministrazione Nixon e poi Ford. Fece il Consigliere per la sicurezza nazionale e il Segretario di Stato. Era molto amico di Gianni Agnelli con cui parlava delle comuni passioni, le donne ed il calcio, ma non gli era simpatico Aldo Moro, Berlinguer ed il compromesso storico. Da anticomunista ebbe un ruolo nella politica reazionaria in Sudamerica, in Cile e Argentina, ma aprì alla Cina di Mao. Per lui la Realpolitik era facile da capire, preservare ed aumentare il ruolo strategico del suo Paese adottivo, gli USA. Fu l’ideatore del disarmo bilaterale, a lui si devono gli accordi Salt, e aprì in medioriente all’Egitto di Sadat, per cui fu poi possibile la pace, prima ed unica, di Camp David, tra i due nemici. Ci vorrebbe oggi un realista ebreo come lui per trovare una soluzione al conflitto oggi in Israele: con lui Netanyahu resisterebbe un secondo, ed Al-Sisi meno.
Guardò tutto il Novecento con i suoi occhiali spessi, e pensò anche al terzo millennio, da grande vecchio, americano ma di origine europea, e lanciò ultimamente un suo grande endorsement ad un altro grande pragmatista, benvoluto oltre atlantico, come lui. Mario Draghi. Henry Kissinger ha visto la Storia e l’ha guidata, oggi è difficile intravedere giganti del pensiero che non disdegnano l’azione e le determinazioni come lui.