
Il ministro della Difesa Guido Crosetto, scrive Repubblica, ha in programma per oggi un colloquio telefonico con il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin per ragionare dei dettagli della missione navale italiana al fianco degli alleati nel Mar Rosso. Proprio ieri gli Stati Uniti hanno annunciato la costituzione di una task force navale a protezione del traffico mercantile nel Mar Rosso. All’opreazione denominata “Prosperity Guardian” parteciperanno, oltre agli Stati Uniti, Regno Unito, Bahrain, Canada, Francia, Italia, Olanda, Novegia, Seychelles e Spagna.
Il governo Meloni ha deciso l’invio di almeno una fregata, per pattugliare le acque dove vengono condotti gli attacchi ai mercantili civili da parte degli Houti, il movimento fondamentalista yemenita che sta usando droni e missili per colpire le rotte commerciali
La fregata individuata per la missione è la Virginio Fasan, la seconda della moderna classe Fremm, che si sposterà rapidamente dal Mediterraneo orientale: è previsto il transito da Suez prima di Natale. Potrebbe non essere l’unica: non viene escluso che una seconda nave, attualmente nel porto di Taranto, parta a sua volta per il Mar Rosso.
Sempre oggi l’Esecutivo dovrà riferire al Parlamento su un’altra scelta strategica: quella dell’invio di armi all’Ucraina. Lo stesso Crosetto si presenterà al Copasir e illustrerà l’ottavo pacchetto con materiale bellico destinato a Kiev. Poi si aprirà la partita del nuovo decreto che serve a dare copertura legale alle eventuali forniture per l’Ucraina nel 2024: sul punto, la Lega è pronta a chiedere discontinuità e ad aprire un fronte nella maggioranza.

Non servirà invece un passaggio parlamentare per approvare la spedizione nel Mar Rosso, ritiene il governo. Basterà una comunicazione alle Camere, è la posizione di Palazzo Chigi, perché l’operazione rientra in un’area coperta dalla missione antipirateria europea Atalanta, attiva già da quindici anni. La Fasan infatti prenderà il comando della missione Ue dall’inizio di febbraio. La linea della Casa Bianca è quella di aggregare le navi degli alleati nella Combined Task Force 153, che ha il quartier generale presso la Quinta Flotta statunitense nel Bahrain ed è stata creata un anno fa proprio per garantire la sicurezza del Golfo di Aden e dello Stretto di Bab el-Mandeb. Alcuni governi dell’Unione, tra cui la Germania, preferirebbero invece mantenere la struttura di comando dell’operazione Ue Atlanta e stabilire un coordinamento con la formazione guidata dagli Usa: uno degli aspetti tecnici che saranno discussi oggi nel colloquio tra Crosetto e Austin.
La fregata Fasan dispone di missili Aster 30 e 15 che possono garantire un ombrello protettivo con un raggio di cento chilometri. Si tratta delle stesse armi antiaeree usate la scorsa settimana da un’altra Fremm, la francese Languedoc, per abbattere due droni scagliati contro una portacontainer.
La situazione provocata dagli attacchi degli Houthi può avere un grave impatto sull’economia italiana. Tutte le compagnie hanno sospeso la navigazione nel Mar Rosso e di conseguenza il canale di Suez è stato bloccato. Ieri ci sono stati nuovi assalti. Una petroliera norvegese è stata centrata da un missile, che ha provocato un incendio; un altro ordigno invece avrebbe sfiorato la Msc Clara. Una terza nave sarebbe stata minacciata da uno sciame di barchini, che poi hanno invertito la rotta dopo l’intervento di un elicottero statunitense. Solo nell’ultima settimana una decina di navi sono state danneggiate o comunque prese di mira. L’allarme riguarda tutte le capitali. Francesi e britannici hanno già unità nella zona delle aggressioni e si sono dette disponibili a partecipare alla missione internazionale promossa dal Pentagono. Viene dato per certo un contributo dell’Egitto, che ha preso parte ai pattugliamenti negli scorsi mesi.
Più complessa la presenza nel dispositivo internazionale proposto dagli Usa della marina saudita, di cui hanno parlato alcuni giornali arabi: Riad ha ottenuto una tregua con gli Houthi che ha fermato la sanguinosa guerra civile nello Yemen ed è molto cauta nel timore di riaprire il conflitto. Proprio per questo sauditi ed emiratini finora hanno sconsigliato una rappresaglia americana contro le basi dei fondamentalisti.
Dal canto suo, il movimento jihadista ieri sera ha ribadito di volere bersagliare solo le navi legate a Israele: «Nessuna coalizione ce lo impedirà». Ma negli ultimi giorni ha fatto fuoco contro qualunque battello non abbia risposto alle intimazioni degli Houthi, che avrebbero chiesto di salire a bordo e compiere ispezioni. I miliziani hanno un arsenale potente e diversificato, con droni, missili cruise e balistici, tutti trasportati da camion identici a quelli civili e pertanto difficili da individuare. Inoltre schierano centinaia di veloci barchini d’assalto, veri e propri sciami che possono abbordare le navi: lo scorso 25 novembre hanno sequestrato la “Galaxy Leader” con un plotone di incursori sceso da un elicottero.
Gran parte degli armamenti sono stati consegnati dall’Iran o costruiti nello Yemen sulla base di progetti iraniani. Grazie agli Houthi, gli ayatollah stanno mettendo in atto il blocco del traffico merci senza rischiare un coinvolgimento diretto: di fatto, hanno dato prova di potere condizionare i due stretti chiave per il commercio mondiale di petrolio. Una situazione ben chiara al Pentagono: «Il sostegno di Teheran agli Houthi deve finire», ha intimato ieri sera il ministro statunitense Austin.