
Una sentenza della Corte di Cassazione a sezioni riunite ha stabilito che il saluto fascista, noto anche come saluto romano, non costituisce reato se eseguito in un contesto commemorativo. Questa decisione segna un punto di svolta nella legislazione italiana riguardante l’espressione di simboli fascisti.
La Corte ha chiarito che per essere considerato reato, il saluto fascista dovrebbe essere accompagnato dalla volontà di ricostituire il partito fascista. Tuttavia, come evidenziato dalla sentenza, dimostrare questa intenzione può essere particolarmente complesso e difficile.
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Sentenza di Cassazione, le reazioni alla decisione
Così dice la Cassazione: “La ‘chiamata del presente’ o ‘saluto romano’ è un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall’articolo 5 delle Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista”. L’interpretazione del legale degli imputati di Acca Larentia è chiara: “Se mancano sia il tentativo di ricostituzione o programmi di discriminazione ovviamente non è reato – sostiene l’avvocato – La cerimonia del ‘presente’ quindi si può fare solo quando è un atto commemorativo come nel caso specifico. Nel caso di Acca Larentia e nelle migliaia di commemorazione fatte in Italia negli ultimi 70 anni, il saluto romano non è reato. Toccherà alla magistratura dimostrare in concreto il contrario, senza fare chiacchiere. Perché in Italia non si puniscono le opinioni”.
La pronuncia ha suscitato reazioni contrastanti. Domenico di Tullio, l’avvocato che ha portato il caso in Cassazione a nome di alcuni imputati sorpresi in posa durante la commemorazione di Sergio Ramelli, ha accolto con favore la decisione, definendola una “pronuncia garantista dei giudici”.
Questo verdetto della Cassazione solleva questioni importanti relative alla libertà di espressione e alla sua intersezione con la storia e i simboli del fascismo in Italia. Da un lato, c’è il rispetto dei valori democratici e antifascisti su cui si fonda la Repubblica Italiana. Dall’altro, vi è la necessità di bilanciare questi valori con il diritto alla libertà di espressione.
Legge Scelba e legge Mancino: cosa comporta
La sentenza apre anche un dibattito sul come le leggi italiane trattino i simboli e le espressioni legate al fascismo. Mentre la legge Scelba del 1952 e la legge Mancino del 1993 vietano la propaganda e l’incitamento all’odio su base razziale, etnica e religiosa, la questione del saluto fascista in contesti commemorativi non era stata precedentemente chiarita con una sentenza di così alto livello.
Questa decisione potrebbe avere implicazioni per future cause legali riguardanti l’uso di simboli fascisti in Italia. Mentre alcuni vedono nella sentenza un passo verso un approccio più garantista e liberale, altri esprimono preoccupazione per il potenziale rischio di banalizzare o normalizzare simboli e gesti associati a un passato oscuro e totalitario.
Il dibattito sull’interpretazione e l’applicazione delle leggi antifasciste in Italia si preannuncia quindi destinato a continuare, con la società e il sistema giudiziario che si confrontano su come meglio equilibrare la libertà di espressione con il dovere di ricordare e condannare gli orrori del passato.