
Aveva rinunciato ai miliardi delle grandi del calcio per rimanere nella sua terra, la Sardegna. Proprio nelle ore in cui il mondo del calcio piange Gigi Riva, leggendario attaccante scomparso all’età di 79 anni, è più che mai attuale l’ultima intervista rilasciata prima della morte: l’ex bomber si era raccontato a Elvira Serra sulle pagine del Corriere della Sera, a partire dal suo ricordo più bello. “Beh, lo scudetto. Avevamo festeggiato con tutta la squadra. Gli scapoli vivevano insieme in una foresteria e i tifosi venivano anche di notte a tenerci svegli. Io sono sardo perché sono di poche parole, spesso e volentieri ho il muso, mi preoccupo per i problemi di questa terra bellissima e reagisco a modo mio. Il mio angolo di cuore è il tratto tra Pula e Villasimius. Di notte ci andavo in macchina, magari per fare una passeggiata, e ascoltavo la musica. Mi è sempre piaciuto guidare l’auto, avevo una macchina potente: ricordo certi viaggi da Cagliari a Oristano, con qualche amico la sera per fare un giro. Un bel periodo”.

L’amore per De André, colonna sonora della sua vita. E il grande rifiuto alle big del calcio italiano per rimanere a Cagliari: “Non ho ceduto nemmeno a un miliardo della Juve. Quando Arrica, il mio presidente, scoprì che non andavo, non fu contento per niente. Ma non sono testone: io ero una persona chiusa, avevo avuto un’infanzia tragica, i miei genitori erano mancati presto. Poi sono venuto a Cagliari e abbiamo costruito una gran bella cosa: lo scudetto era il sogno di ogni squadra”.

Tra i grandi rimpianti di Riva, invece, il Pallone d’Oro andato a Rivera e non a lui: “Mi era stato promesso che l’anno dopo sarebbe toccato a me e poi invece mi sono fatto male”. L’ex attaccante aveva parlato al Corriere anche della depressione: “Va e viene. Ma adesso l’ho un po’ superata. Se rinascessi rifarei il calciatore, sperando che il Padreterno mi dia le stesse doti che avevo: saper giocare al calcio, divertirmi in campo, sognare di fare gol prima di una partita e poi segnare per davvero”.
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