
Lo stile non è pop come quello di Bob Geldof di Live Aid, ma lo spirito del piano Mattei sembra di aiuto. Già dal nome sembra un progetto Eni più che della Farnesina, la quale è stata di fatto esautorata sia nell’immagine che nella sostanza. I fondi del piano vengono in gran parte dai capitoli della cooperazione internazionale, non risultano fondi aggiuntivi, soltanto che sono stati focalizzati in un progetto, in un indirizzo politico e mediatico. Non si capisce se l’Eni contribuisca anche lei. Forse dovrebbe farlo visto gli extra profitti non tassati e le antiche politiche di fondi neri per la corruzione, vedi caso Nigeria.
Proprio la Nigeria, sovvenzionata occultamente dalla Company di Stato, era la grande assente della conferenza della Meloni. Presente invece il Marocco, su cui puntiamo per lo sviluppo delle energie alternative. Le assenze sono normali, ma in questo caso sono geopolitiche. Manca tutta la fascia del Sael, quella che ci può dare più problemi su immigrazione clandestina, armi, droga ed infiltrazione di terrorismo. Il piano per l’Africa è difficilmente sganciabile da un piano sulla sicurezza, non solo per gli impianti di sviluppo e di cooperazione, ma per i flussi che partendo dall’Africa arrivano sul Vecchio Continente.

L’Africa di fatto è stata sapientemente tagliata a metà da un altro piano, il piano Putin, che insieme ai turchi ha messo in piedi una specie di Afrika Korps di antica memoria. I russi ci fanno di nuovo rimembrare Mattei, che fu il primo che aprì l’Italia ad Est. Mattei era un visionario, dotato di acume e capacità geopolitiche, e di grande spregiudicatezza. Si muoveva, nonostante l’Italia fosse, e forse lo è ancora, sotto tutorship statunitense come Tito di Yugoslavia, leader dei paesi non allineati. Era ila maestro dei rapporti interstiziali nell’epoca della guerra fredda. Sostituì il colonialismo della sopraffazione europea con lo scambismo multilaterale. Per lui l’Eni era l’Italia e l’Italia l’Eni. La sua spregiudicatezza era rivolta all’estero sui mercati, ma anche in patria, dove coniò la frase “i partiti sono come i taxi”, e li usava per andare dove voleva. Questa spregiudicatezza, soprattutto internazionale, gli costò la vita. De Scalzi non è Mattei, ma l’Eni continua ad avere un ruolo plenipotenziario, in particolare nei rapporti internazionali complessi. La Meloni, dopo avergli rinnovato la fiducia, lo usa per la politica estera forse più di Tajani. Da qui questa conferenza di Aid for Africa. Se son rose fioriranno, se son spine pungeranno. Quella che manca, a parte la passarella da campagna elettorale della Von der Leyen, è l’Europa. Una cosa è far un piano da 5 mld un’altra farne uno da 200. Ed è il minimo per battere l’influenza di Russi e Cinesi in quel Continente e mancare l’appuntamento con la Storia evocata dalla Meloni.