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Sicurezza e siti web: ecco dove sbagliamo e come proteggere davvero i nostri dati

Pubblicato: 12/02/2024 15:10
sicurezza web

Ci capita continuamente navigando sul web. Si apre il sito che cerchiamo e subito appare in evidenza “Accetto il consenso”, oppure “nego”. Spesso, ma non sempre, anche i pulsanti “scegli e personalizza” o “prosegui senza accettare”. Dovremmo sapere tutti di cosa si tratta. O forse no: gli italiani, tra gli internauti d’Europa, sono tra i meno attenti agli avvisi – obbligatori da normativa Ue – fondamentali per il rispetto della propria privacy.
Cookie, dagli italiani piovono consensi. Troppo noioso (o meglio: che perdita di tempo) modificare le impostazioni del nostro browser per prevenirli o limitarli. Infatti solo il 27% dei navigatori nostrani clicca sulla scelta più restrittiva – il pulsante delle modifiche – invece di quello “accetta tutto” che evita la seccatura. La media europea è invece del 33%.


“Il rispetto della tua riservatezza è la nostra priorità”. Solitamente la formula accompagna gli avvisi di preferenze per i cookies durante la navigazione. Ma perché questa verifica? Ogni volta che visitiamo un sito questo lascia tantissime tracce sul nostro browser e, più in generale, sul pc (i cookie sono meno usati sugli smartphone). Tecnicamente siamo noi che, collegandoci a una determinata URL, richiediamo al server di inviarci tutte le componenti web: immagini, testi, layout ecc. Ma il sito, oltre a inviarci ciò che vediamo, recapita serie di file che vanno a “parcheggiarsi” sul nostro pc. Tra questi anche i cookie.


A cosa servono, e soprattutto sono “pericolosi” per i nostri dati sensibili? No, non sono pericolosi e senza questi molti siti non potrebbero neache funzionare. Una volta salvati nel nostro pc ci identificano per le visite effettuate e raccolgono dati sulle nostre preferenze (utili se torniamo in seguito su quel sito per fare acquisti). Possono però comprendere anche informazioni più sensibili, quelle che fanno gola ai cookie non essenziali, dai quali l’applicazione web registra le ricerche, gli orientamenti, le preferenze, i dati relativi a noi utenti. Questo avviene a fini di analisi, per conoscere provenienze dei visitatori, strumenti di connessione, frequenza delle visite, preferenze di determinate pagine. A che scopo? Analizzare e migliorare il servizio offerto da quella pagina web. Ma non solo.


Ci sono infatti cookie che si “infilano” nel pc con finalità di marketing, per fini pubblicitari e per selezionare il target a cui mostrate un determinato banner o annuncio. Tradotto: il cookie che “conosce” le nostre preferenze mostrerà solo annunci a cui potremmo essere molto interessati, ottimizzando così le campagne dell’azienda che vuol venderci qualcosa e con minor bombardamento pubblicitario per l’utente. O almeno così dovrebbe essere: spesso invece queste informazioni sono cedute a terzi soggetti, e qui la nostra privacy potrebbe essere molto a rischio.


È su questi ultimi file che è intervenuta la legge a tutela della privacy del consumatore, stabilendo le direttive a cui tutti i siti devono adeguarsi. Da qui gli avvisi – per molti una vera scocciatura – che danno la possibilità all’utente di sapere cosa sta avvenendo su quel sito web e di decidere se accettare, eliminare o bloccare determinati file di riconocimento-tracciamento. In Italia quanti lo fanno? Secondo una indagine di Eurostat (il database statistico dell’Ue) nel 2023 oltre un terzo (36%) degli utilizzatori di internet nell’Unione – età compresa tra i 16 e i 74 anni – ha modificato le configurazioni browser per stoppare il monitoraggio di attività online. L’Italia però è tra i fanalini di coda (quint’ultima tra i 27 paesi) con minore attenzione alla privacy: qui solo il 27% dei navigatori ha limitato la raccolta dei cookie, contro percentuali quasi tre volte più alte in Paesi come la Finlandia.


Sempre secondo Eurostat, la percentuale maggiore di chi ha limitato la raccolta dei cookie si registra in Finlandia (66%), Paesi Bassi (56%), Lussemburgo (47%), Danimarca (46%) e Germania (45%). Mentre le percentuali più basse si osservano in Romania e Bulgaria (entrambe al 12%), Cipro (20%), Slovenia (26%) e appunto Italia (27%). Inoltre, solo il 21% dei cittadini europei utilizza software per abbattere la capacità di tracciare le loro attività in Rete. E sempre all’Italia appartiene il primato, in negativo, del ricorso a questi strumenti. Come informa il sito specializzato Corcom.it su economia digitale e innovazione, l’indagine sui cittadini europei in Rete – osservati in un periodo di tre mesi – solo il 21% degli intervistati si è affidato a software supplementari per restringere il tracciamento online. Ci sono infatti app o programmi scaricabili molto spesso gratuitamente che bloccano questo processo, altrimenti poco avvertito dagli utenti.
Ebbene, tra gli stati membri dell’Ue quasi metà degli utenti in Belgio (49%) fa uso di questi software, seguiti da Malta (38%), Paesi Bassi e Croazia (al 32%). Invece, i cittadini di Cipro (3%), Bulgaria (7%), Romania e Italia (12% ciascuno) sono quelli che meno vi ricorrono. Di conseguenza, è minimo il freno alla condivisione e profilazione dei nostri dati negli spazi infiniti della Rete.

Come consigliano gli esperti di settore, “a noi utenti web resta la responsabilità e la scelta di accettare o no questo tipo di “invasione” della nostra privacy”. Si può infatti scegliere di non accettare i cookies (in questo caso, neanche il sito che stiamo visitando salverà nostre informazioni), o di accettare solo quelli “essenziali”. Inoltre, per eliminare i cookies infilati nel nostro pc, si può fare periodicamente con facilità: basta cancellarli dalle impostazioni del browser che utilizziamo per navigare in Rete.

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