
Rubare gli studi ai giovani è un furto di futuro: soprattutto in Occidente, dove il capitale umano dovrebbe essere tutto, visto che non siamo possessori di materie prime.
Stiamo parlando dell’inchiesta, stimolata dai reportage della giovane giornalista Giada Lo Porto, aperta a Palermo sulle lauree fantasma in medicina, fornite come un McDonald’s da una equivoca università siculo-bosniaca di Goradze. A cui gli stessi bosniaci hanno tolto l’accreditamento perché la qualità di inserimento era troppo scadente. Ed in questa truffa a suon di migliaia di euro a studente chi ci casca? Dei disperati pachistani, degli africani del Congo, degli aborigeni australiani? No, una serie di ragazzi e famiglie siciliane, ma non solo, a causa del fatto che l’illuminato, chiarissimo fondatore del centro Jean Monet, un dipartimento con ramificazioni in Sicilia e Svizzera, è un professore siciliano, accolto come un mecenate della cultura da mezzo mondo accademico siculo, da ordini professionali, da istituzioni regionali, perfino da vescovi.
Il ruolo delle istituzioni
Le istituzioni culturali e politiche piegate, e forse complici, questo dovrà appurare l’inchiesta, a una truffa miserrima nei confronti di ragazzi e famiglie. Il Professore Messina, ideatore di questo miserabile circuito, in cui i ragazzi ottenevano pezzi di carta, come quella che Totò apostrofava utile per le terga, assolutamente privi di utilizzo legale. La Sicilia come al solito ci fa una figura da peracottari, scambia ruoli pubblici con docenze private per consentire questo raggiro. Il Professor Messina si faceva fotografare, faceva convenzioni, organizzava convegni, con i massimi esponenti delle istituzioni siciliane. Questo è il quadro del livello a cui è scesa la cultura nell’isola: l’amichettismo, che un noto scrittore palermitano, Fulvio Abate, imputa ad altri circuiti culturali, qui lambisce Regione, Università e Chiesa.
Ma perché i ragazzi, e le loro famiglie, sono cascati in questo raggiro che puzza di zolfo? Perché le università italiane sono a numero chiuso, finge per garantire la qualità degli iscritti, salvo poi fare i docenti per università di dubbia capacità. Ma è solo per una questione di qualità dell’insegnamento che ci sono i numeri chiusi, quando poi durante la pandemia abbiamo importato medici pure dal Burundi? Certamente no, ci sono i corsi preparatori, organizzati dagli stessi docenti universitari, pagati a peso d’oro dalle famiglie per tentare di superare il famoso paletto che impedisce l’accesso a qualcosa che dovrebbe essere garantito costituzionalmente, il diritto allo studio. Togliere diritti, chiedere il pizzo, prevaricare famiglie come si chiama in Sicilia? Non si deve per forza avere la pistola per fare questo, basta la matita come dice la sarda Todde.
Così è se vi pare