
Colpo di scena nel caso dell’omicidio di Domenico ‘Mico’ Geraci. Il sindacalista 44enne fu ucciso a fucilate davanti alla sua casa di Caccamo, in provincia di Palermo, l’8 ottobre del 1998. Per 25 anni i mandanti di quel delitto sono rimasti sconosciuti, ma oggi finalmente spuntano fuori dei nomi: a sparare al sindacalista furono Filippo Lo Coco e Antonino Canu, che nel frattempo sono morti, su ordine del boss della mafia Bernardo Provenzano, anche lui deceduto. I mandanti, invece, i fratelli Pietro e Salvatore Rinella, sono attualmente in carcere. I carabinieri hanno già notificato a entrambi un’ordinanza di custodia cautelare.
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Decisive le rivelazioni dei pentiti
La svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Mico Geraci sarebbe arrivata grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, i pentiti Emanuele Cecala, Massimiliano Restivo e Andrea Lombardo. Secondo la loro versione, il sindacalista fu ucciso materialmente da Lo Coco e Canu, che furono poi eliminati dagli stessi fratelli Rinella.
Questo invece il movente del delitto secondo il pentito Nino Giuffrè: “Geraci faceva discorsi contro i mafiosi di Caccamo e poi non voleva più occuparsi della gestione dei contributi agricoli di certi personaggi discussi”. La sua condanna a morte fu poi sancita dalla decisione di candidarsi a sindaco di Caccamo, storica roccaforte di Provenzano.
“È una giornata importantissima. – commenta il figlio Giuseppe Geraci – Perché viene riconosciuto l’impegno antimafia e viene irrobustita la matrice mafiosa dell’omicidio e che la circostanza dell’omicidio sia riconducibile all’impegno di mio padre”.
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