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La guerra segreta dei cavi sottomarini

Pubblicato: 12/03/2024 09:11

I cavi di rete che passano sui fondali del Mar Rosso sono strategici per l’intero Occidente. Al pari, o forse anche di più, delle navi da trasporto che transitano sulla superficie marina. I guerriglieri yemeniti filo-iraniani Houthi lo sanno bene e per questo, nei giorni scorsi, hanno lanciato avvertimenti su possibili sabotaggi. Mettendo a nudo la nostra non conoscenza di quanto questa infrastruttura di comunicazione sia strategica per il pianeta. Per la quale sono previsti investimenti per 4,3 miliardi di dollari.

Investimenti e progetti per la banda ultralarga transoceanica richiederanno montagne di risorse finanziarie da parte di decine e decine di Stati e dalle maggiori aziende mondiali del tech. Italia compresa. Come in quel tratto di mare davanti allo Yemen, in cui oggi transita la dorsale ottica che collega l’Europa, l’Asia e l’Africa. Ma anche quella, in costruzione, denominata 2Africa che collegherà Genova a Gran Canaria (e da qui ai cavi transatlantici) circumnavigando il continente africano per 45mila chilometri.

La rottura dei cavi sottomarini nel golfo di Aden potrebbero essere la conseguenza (indiretta) degli attacchi degli Houthi alle navi cargo. I fatti risalgono ad alcuni giorni fa e quattro società proprietarie hanno confermato i danni: i cavi interrotti sarebbero almeno tre (dei 15 presenti). Dopo che – il 18 febbraio scorso – missili lanciati dagli Houthi hanno colpito la nave da trasporto inglese carica di fertilizzanti, il Rubymar, prima dell’affondamento ha percorso 37 miglia “arando“ il fondale con l’ancora, lanciata per tentare di stabilizzarla.

L’ancora avrebbe poi tranciato i tre cavi a una profondità tra 150 e 170 metri. Come rilevato da Seacom, uno dei quattro operatori danneggiati, “è plausibile che l’interruzione dell’operatività del cavo sia stata causata dal trascinamento dell’ancora di quella nave, visto il basso fondale in molte parti del Mar Rosso”. La conferma arriverà però “solo quando la nave di riparazione sarà sul posto”. Si stima per la seconda metà dell’anno, sempre che – come hanno dichiarato gli Houti dalla tv del gruppo sciita filo-iraniano – le navi posacavi sottomarini “otterranno il permesso prima di entrare nelle acque territoriali yemenite”. La riparazione dei cavi, che dovrebbe richiedere 8 settimane, rischia così di slittare a dopo la fine della guerra a Gaza.

Queste difficoltà che rischiano di bloccare la posa dei nuovi cavi sottomarini, determinanti per fronteggiare l’aumento esplosivo del traffico dati nel mondo. L’approfondimento pubblicato da Corcom.it, quotidiano online di economia digitale e innovazione, ci spiega che i comparti cavi sottomarini e reti satellitari sono “due asset strategici su cui si stanno concentrando i piani di investimento delle principali economie mondiali. Ingenti le risorse messe in campo da Governi e istituzioni e dai big player del comparto: Leonardo, Thales Alenia Space, Eutelsat tra i principali colossi europei”.

Ed è bene citare l’italiana Sparkle del gruppo Tim, tra le maggiori aziende mondiali del settore (e su cui il ministero dell’Economia punta come asset strategico, nei giorni in cui il destino di Tim è in evoluzione). Tutti operatori che dovranno sempre di più fare i conti “con veri colossi, da Amazon a SpaceX, da Google a Microsoft e ad altre emergenti che promettono di scalare la classifica in breve tempo”. Soltanto la società di Zuckerberg possiede 94mila km di cavi, seconda solo a Google a quota 130mila.
Ma quanto sono geo-strategici (anche geo-politicamente) questi cavi? La banda ultralarga sottomarina “si articola su 552 cavi per 1,4 milioni di km di lunghezza. Il giro d’affari è di 4,3 miliardi di dollari l’anno da qui al 2030. Oggi il 99% del traffico Internet mondiale transita sotto i mari, in gran parte generato dalle grandi piattaforme digitali, gli over the top”, spiega Corcom. Con Google, Meta, Amazon e Microsoft che hanno migliaia di cavi sottomarini già posati e che sono pronti ad ampliare le tratte intercontinentali. L’importanza strategica della ragnatela di cavi sul fondo di oceani e mari – il Mediterraneo è uno dei più “trafficati” – spiega “l’interesse dei Servizi d’intelligence di grandi e medie potenze che si contendono “il primato mondiale nelle tecnologie delle comunicazioni, e non solo”. Molti analisti di politica estera sottolineano che “le reti di cavi sottomarini costituiscono un asset strategico di primo livello, perché sono alla base di tutte le altre infrastrutture strategiche, che non funzionerebbero senza una rete internet. Quindi pipeline energetiche, porti, ferrovie, aeroporti dipendono dai cavi sui fondali dei mari e la sicurezza di questi ultimi è una questione strategica di primissimo livello”.