
Le tracce di un anello compatibili con la ferita che Denny Magina aveva su un labbro e il dna del presunto omicida sugli abiti della vittima. Elementi chiave che hanno consentito ai carabinieri e alla procura di procedere con l’arresto di un 33enne tunisino, con numerosi precedenti a carico, presunto responsabile della morte del 29enne livornese deceduto il 22 agosto del 2022 a seguito di una caduta dal quarto piano di una palazzina in via Giordano Bruno a Livorno, utilizzato ai fini di spaccio.
Secondo quanto è stato ricostruito dai militari della compagnia di Livorno, il 30enne sarebbe stato colpito con un pugno al volto dall’indagato nel corso di un acceso litigio e, trovandosi vicino a una finestra aperta, sarebbe caduto all’indietro precipitando nel vuoto.
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La nota dei Carabinieri
L’esito delle indagini, “lunghe e complesse”, come ha sottolineato il pm Giuseppe Rizzo, è stato reso noto nella giornata di oggi. Come è stato reso noto da una nota dei Carabinieri: “Secondo quanto ricostruito, la giovane vittima, nelle ultime ore di vita, poco lucido per l’assunzione di droga, trovandosi nei pressi di una finestra aperta, sarebbe stato colpito con un violento pugno al volto dal 33enne durante una lite e sarebbe quindi caduto all’indietro precipitando dal quarto piano“.
A far convergere le indagini sull’uomo di 33 anni sarebbero state le “tracce lasciate dall’anello indossato in quel momento dall’aggressore”, precisano i militari dell’Arma. Ora indagato per omicidio preterintenzionale, il giovane si trova già in carcere dal novembre 2022 per spaccio di sostanze stupefacenti.
Nel corso delle indagini fatte partire subito dopo la morte di Denny, i carabinieri lo avevano già “evidenziato quale ‘cinico e scaltro spacciatore‘ che all’interno dell’appartamento” da dove precipitò il 30enne, “gestiva un redditizio traffico di cocaina, hashish e marijuana”.
La famiglia chiedeva giustizia da due anni
Una svolta che la famiglia e gli amici di Denny chiedeva a gran voce, continuando a reclamare giustizia da quasi due anni poiché non avevano mai creduto all’ipotesi di un gesto volontario del 30enne. Così avevano aperto un gruppo Facebook. “Giustizia per Denny“, il nome del gruppo che in poche ore aveva raggiunto oltre mille membri. Si chiedeva di tenere i riflettori alti sulla vicenda ma anche di aiutare la famiglia del ragazzo. Per questo venne coordinata tramite il gruppo una raccolta fondi. “Ti voglio ricordare come sabato al mare, col tuo bel sorriso quando mi hai salutato”, si leggeva in un post sul gruppo.
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