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Omicidio Scalamandrè, condannati a 21 e a 14 anni i due fratelli accusati di aver ucciso il padre

Pubblicato: 17/04/2024 17:27

Nessuna attenuante per i fratelli Scalamandrè che il 10 agosto del 2020 uccisero il padre nella loro casa a San Biagio, in Valpolcevera. Alessio era “in preda a un incontenibile, furioso, impeto di violenza, non più sostenuto, neanche lontanamente, da un pur originario fine potenzialmente difensivo”, si legge nelle motiviazioni dei giudici della Corte d’assise di Genova per le condanne di Alessio Scalamandrè e del fratello Simone, rispettivamente a 21 e 14 anni di reclusione.

Alessio aveva chiamato la polizia poco dopo il delitto, raccontando di essere intervenuto per disarmare il padre dal matterello che teneva in mano per colpirlo, e di averlo ferito a sua volta. Aveva riferito anche di temere per la sua incolumità e per quella del fratello, oltre che per quella della madre, che per anni è stata la vittima delle violenze del marito, tanto da chiedere e ottenere un ordine restrittivo.

La Corte di Cassazione, nel novembre scorso, aveva annullato con rinvio la sentenza di secondo grado emessa dalla Corte d’Assise d’appello genovese, con la quale Alessio era stato condannato a 21 anni, tenendo conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sulla aggravante di un delitto commesso in ambito famigliare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione. Era stato accolto infine anche il ricorso della Pg sull’assoluzione di Simone, con l’invito ai giudici milanesi a motivare adeguatamente una eventuale nuova sentenza di assoluzione.

Ora a processo, alla madre dei due ragazzi viene assegnata in sentenza una responsabilità ‘morale’: quella di aver far fatto pressione sui figli assegnando loro “un ruolo di intermediari” per il quale “non avevano alcun titolo, strumento e capacità” e “tributando loro una responsabilità abnorme” scrivono i giudici pur precisando tuttavia come tra le pressioni della donna e l’omicidio non vi sia “alcun nesso eziologico”. Ora gli avvocati difensori dei ragazzi, Luca Rinaldi e Nadia Calafato, hanno 45 giorni per presentare appello.
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