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No filter, no democracy: il vero problema dei partiti è l’assenza di regole

Pubblicato: 19/04/2024 15:36

Senza un filtro politico la politica muore ed appresso a lei, come in un castello di carte, crollano le altre istituzioni, e finisce la democrazia. Le vicende pugliesi e siciliane – ma altre aree del Paese potrebbero subire una simile diagnosi dimostrano che la politica non ha più filtri, non riesce a fermare la crescita del consenso a scapito delle regole del gioco legittimo e democratico. I partiti sono in mano a livello nazionale e locale a singoli personaggi, pertanto non censurabili da parte di appartenenti allo stesso gruppo politico. Questa assenza di pluralismo dentro i gruppi, non più partiti, crea l’insussistenza di anticorpi che li difendano da frequentazioni e pratiche illegali, illegittime, immorali. Pertanto il controllo del gioco democratico è da trent’anni lasciato in mano esclusivamente agli organismi giudiziari, che esondando da anni dalle loro funzioni sono collassate per delirio di onnipotenza, con i tanti casi Palamara, Amara, Saguto e le altre miriadi di situazioni analoghe, creando un ulteriore vulnus alle istituzioni democratiche. 

Ma dove è cominciato tutto questo? Quando sono scomparsi i partiti e le loro funzioni? Qualcuno potrebbe dire che la colpa è di tangentopoli, che ha spazzato via la prima Repubblica che si fondava sui partiti, e la sua degenerazione, la partitocrazia. Solo che per sanare la patologia, la partitocrazia, abbiamo amputato quasi tutto il corpo, i partiti appunto, soggetto articolato e plurale. E li abbiamo sostituiti con gruppi politici personali, con un capo, un leader a cui tutti ubbidire. Questa degenerazione non è stata diretta derivazione di tangentopoli, quella era la diagnosi, la cura fu il cambio del modello di selezione della classe dirigente, il passaggio dal sistema proporzionale con preferenze a quello maggioritario. Nel 1994 con il Mattarellum il partito, diggeo plurale e articolato muore ed al suo posto c’è la Lista elettorale con un gruppo o un singolo che decidono le liste, che cooptano chi vogliono, uccidendo non solo la democrazia interna, ma togliendo i filtri e gli anticorpi che solo il pluralismo politico possiede. Da qui capi e cacicchi, che hanno in mano tutto, che inevitabilmente si sentono onnipotenti ed impuniti, con nessuno che alzi un dito per un confronto sulle regole, sulla visione, sull’etica dei comportamenti. Siamo oltre il machiavellismo del fine che giustifica i mezzi, siamo al “ho i mezzi non mi serve nemmeno un fine, se non quello esclusivamente personale”. Le patologie pugliesi e siciliane di questi giorni sono riconducibili a questa modalità del fare politica che è diffusa, più o meno, con sfumature differenti, in tutt’ i gruppi politici, che sono più che altro bande con un capobanda, che articolati soggetti politici. Con i leader, nazionali e locali, disposti a sacrificare qualunque aspetto umano o morale per la personale sopravvivenza. Il maggioritario doveva migliorare i processi decisionali, sono peggiorati, e questo lo confermano le serie storiche economiche e sociali, il Paese rimane precario ed instabile, inaffidabile, e la qualità della classe dirigente, con la cooptazione, e senza leale competizione, è precipitata. Inoltre si è scollegata dai corpi sociali, fondamentali anche per il controllo della stessa. 

Se non mettiamo rimedio al vulnus, la legge elettorale, il sistema politico nella sua interezza – tutto si tiene – crollerà, e con esso le istituzioni democratiche, visto che quasi nessuno andrà più a votare. La partecipazione al voto prima di tangentopoli era del 94%, oggi è alla metà di quel dato e scenderà progressivamente. E senza partecipazione non c’è nemmeno più bisogno del Premierato, arriveremo alla Tirannia. 

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2024 15:37