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Non studieremo più le lingue straniere. Ecco chi ci penserà per noi. “Ma sarà un mondo per automi”

Pubblicato: 19/04/2024 16:13

Ormai sempre più spesso si parla degli straordinari progressi di alcune tecnologie in svariati campi delle nostre vite. Si va dipingendo un mondo che eravamo abituati a vedere nei film e nelle serie di fantascienza, e che giorno dopo giorno diventa sempre più reale. E scava un solco sempre più profondo fra chi queste tecnologie le inventa e le utilizza e chi invece (ed è una grande maggioranza dei cittadini) non ha nemmeno idea di che cosa si stia parlando. Ora, in molti ipotizzano che grazie al miglioramento dei software di traduzione basati sull’intelligenza artificiale, potremo comunicare con persone che non parlano la nostra lingua senza sapere una parola di quella dell’interlocutore. Ci penseranno software e AI a tradurre ciò che ci viene detto, e lo stesso faranno per chi ci troveremo di fronte. Da tempo esistono ormai i programmi di traduzione, doppiaggio ed editing. (continua dopo la foto)

Programmi che in pratica prendono un video in cui una persona parla nella sua lingua e poi, riproducendone perfettamente la voce, lo trasformano in un filmato in cui il soggetto parla alla perfezione una lingua straniera. Fra le altre applicazioni che sono già in uso, le funzioni di traduzione istantanea delle telefonate su modelli avanzati di smartphone. E lo sviluppo tecnologico corre sempre più veloce: OpenAI, in collaborazione con Spotify, sta implementando un progetto di traduzione vocale dei podcast. Sempre mantenendo le voci originali dei conduttori. Non sarà più necessario studiare le lingue, dunque? In teoria non sarà indispensabile. Uno dei risultati di questo processo, non a caso, è che il numero di persone che studiano le lingue straniere è in calo in tutto il mondo. Ma qualche problema c’è: il primo è legato alla traduzione di lingue parlate da centinaia di milioni di persone nel mondo che però non sono facilmente traducibili, perché poco diffuse sul piano digitale. Per esempio molte lingue africane, del Pakistan e dell’India. (continua dopo la foto)

Il secondo tema in discussione, evidenziato dal periodico Atlantic, è che “man mano che la tecnologia si normalizza, potremmo scoprire di aver consentito che le profonde connessioni umane venissero sostituite da una comunicazione tecnicamente competente, ma in definitiva vuota“. Insomma, potremmo essere in grado di capire tutti ma non conoscere veramente più nessuno. E’ evidente il rischio di perdere molti dei nostri talenti e delle nostre capacità per diventare delle specie di “automi teleguidati” in ogni nostra azione. Imparare una lingua significa ampliare lo spettro delle nostre conoscenze, entrare in contatto con una cultura, allenare e stimolare il nostro cervello nel suo modo di vedere il mondo e di pensare. Il continuo appiattimento dell’umanità su dinamiche semi-virtuali, invece, potrebbe avere effetti deleteri sul nostro modo di essere e sulle nostre – scusate la parola fuori moda – anime.