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Meloni e l’abuso di decreti omnibus: quella promessa agli elettori già infranta

Pubblicato: 10/05/2024 15:29

“Metteremo uno stop ai decreti”. Tra l’annunciare e il fare c’è di mezzo il mare. Come quello in cui naviga il governo Mel..oni, spinto dal vento del cambiamento a parole, ma nei fatti nella bonaccia della continuità con gli esecutivi (tecnici, soprattutto) che l’hanno preceduto.

Al tirare delle somme, arrivati a questo punto della legislatura, emerge che il governo in carica si distingue come quello che ha promosso più decreti omnibus di tutti. Dopo aver ripetuto e spergiurato che li avrebbe frenati. Il dato emerge da una ricerca del sito specializzato OpenPolis, dopo aver rilevato che “la scorsa settimana è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale la legge di conversione del decreto Pnrr quater”. Decreto che tra articoli e commi su diversi e importanti aspetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha visto concentrare “il dibattito politico sull’approvazione di un emendamento sui servizi nei consultori”. Sì, quello contestatissimo sulla disciplina della legge 194 sull’aborto, “che peraltro ha poco a che fare con l’oggetto del decreto in conversione”, dicono i ricercatori.

Ecco, ci risiamo. Il decreto Pnrr quater è l’ennesimo decreto omnibus, del tutto simile a quelli utilizzati dai governi precedenti a questo, “ma che proprio con quello di Meloni sta arrivando a nuove vette”. Ma cosa sono i provvedimenti del consiglio dei Ministri definiti Omnibus? E’ assodato che ricorrere frequentemente ai decreti legge toglie molte castagne dal fuoco agli esecutivi (e ai parlamentari, che così formulano meno proposte di legge), se non altro per la pratica – anch’essa consuetudinaria – di portarli all’esame delle Camere ricorrendo al voto di fiducia. Eppure ci sono limiti previsti dall’ordinamento: “la Costituzione stabilisce che i decreti legge dovrebbero essere limitati a casi straordinari di necessità e di urgenza (articolo 77)”, mentre la legge 400 del 1988 ne limita il contenuto, che “deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”. Quando all’interno ci si trova anche dell’altro, “siamo di fronte a quelli che vengono definiti decreti omnibus”.

Secondo OpenPolis, “il ricorso ai decreti omnibus è da sempre considerato una cattiva pratica. Con la sentenza 251/2023 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di una norma estranea alla materia principale del decreto, inserita nel corso della conversione in legge”. Dati alla mano, da inizio legislatura sono già 50 i decreti legge emanati dal governo Meloni e convertiti in legge – quasi sempre col voto della maggioranza – dal Parlamento. “Il ricorso eccessivo a questo strumento non è certo una specificità dell’attuale esecutivo, ma piuttosto una dinamica che caratterizza l’attività legislativa da molti anni. Però l’esecutivo in carica è quello che ne ha fatto un uso più frequente, almeno negli ultimi 15 anni”.

Il ricorso massiccio ai decreti governativi spinge poi il Parlamento a lavorare per la loro conversione in legge nei tempi previsti, che la Costituzione stabilisce come non essere mai stati efficaci se non vengono convertiti entro 60 giorni. Sempre secondo il rapporto, il 40% dei decreti convertiti in legge dall’attuale parlamento sono decreti omnibus”. In termini reali, si sta parlando di 20 decreti omnicomprensivi convertiti in legge dall’attuale maggioranza. Caratteristica non secondaria del processo, di questi 20 appena 3 sono stati quelli varati senza voto di fiducia, mentre 6 “sono diventati legge apponendo la fiducia in una delle due Camere e gli altri 11 hanno visto il ricorso alla fiducia in entrambe le Camere”.

Sulla fase tendenziale, al di là degli annunci disattesi, il governo Meloni pare orientato a continuare lungo questa scorciatoia legislativa: nel 2024 ne sono già stati convertiti ben 5. Tra questi figurano il decreto su sicurezza energetica e fonti rinnovabili, che contiene misure sulla gestione dei rifiuti radioattivi. Al corpo iniziale del provvedimento poi il Parlamento ha aggiunto altri 15 articoli difficilmente compatibili con la materia base, come le misure a sostegno dell’edilizia privata, del movimento sportivo italiano, sulle acque reflue urbane e sul ciclo dei rifiuti nella Regione Sicilia. “Eppure, dopo la recente sentenza della Corte costituzionale – registra il rapporto di OpenPolis – questo fenomeno non rappresenta più solo una pratica deprecabile, in quanto esiste il rischio che i provvedimenti possano essere considerati illegittimi dalla Consulta, quantomeno nelle parti estranee alla materia principale del testo”.

L’osservazione dei ricercatori è puntuale: “Analizzando i testi dei decreti omnibus emerge che gran parte dei loro articoli sono stati inseriti al momento della conversione in legge. In molti casi, in effetti sono più questi che non quelli previsti inizialmente dal governo”. Ma poi un focus merita il decreto Milleproroghe 2024, che potrebbe essere definito un omnibus a prescindere. Ma la Corte costituzionale “ha chiarito come la proroga dei termini rappresenti di per sé una ratio unitaria. Malgrado questo, il provvedimento varato dal governo presenta norme sulla ripartizione di risorse pubbliche fra le agenzie di stampa”. Per non sottacere del decreto sulle aziende di carattere strategico, che risultava omogeneo nella prima versione “composta di soli 5 articoli”. Ma con il passaggio parlamentare gli articoli sono diventati 12 “con uno chiaramente estraneo alla norma originaria: il 4-quater che amplia l’area di competenza dell’Autorità di sistema portuale della Sicilia orientale”.

Stesso modus operandi seguito per il decreto elezioni 2024, inizialmente instradato su criteri unitari poi modificato (e “arricchito”) dal passaggio nelle Aule. Rileva il report di OpenPolis: “Sono stati aggiunti altri 9 articoli, tra cui uno relativo al trattamento dei consiglieri circoscrizionali”. Per non dire del decreto Pnrr quater di cui sopra, che riporta diversi articoli che appaiono difficilmente riconducibili a quel Piano.

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Ultimo Aggiornamento: 10/05/2024 15:34