
Una nuova malattia mortale connessa al Covid, chiamata MIP-C, ha recentemente suscitato preoccupazione tra gli esperti. Identificata attraverso l’analisi dei dati clinici dei pazienti nello Yorkshire, negli Stati Uniti, questa sindrome è emersa parallelamente alla pandemia degli scorsi anni ma soltanto adesso gli esperti la stanno analizzando a fondo, preoccupati dalle conseguenze per i pazienti che ne sono afflitti. La MIP-C, nota anche come “autoimmunità MDA5 e polmonite interstiziale contemporanea con COVID-19”, è simile alla MIS-C, un’altra patologia autoimmune associata al Covid che colpisce i bambini. Mostra somiglianze con una rara sindrome autoimmune chiamata dermatomiosite anti-MDA5 positiva, di solito riscontrata in individui di origine asiatica.
La ricerca, guidata da scienziati dell’Università della California – San Diego (USA) e dell’Università di Leeds (Regno Unito), è stata avviata dopo un aumento dei casi di dermatomiosite anti-MDA5 positiva nel 2021, notato dal professor Dennis McGonagle. La MIP-C è una malattia autoimmune, infiammatoria e cronica che colpisce principalmente la pelle, i muscoli e i polmoni, portando a una sindrome polmonare interstiziale progressiva e potenzialmente mortale.
La malattia è causata da anticorpi che attaccano un enzima chiamato MDA5, che rileva il coronavirus SARS-CoV-2 e altri virus a RNA. Gli scienziati hanno scoperto un’associazione tra questa malattia e il Covid-19, notando un aumento dei casi nel corso della pandemia. I pazienti mostravano sintomi reumatologici e cicatrici polmonari, con alti livelli di interleuchina-15, associata alla fibrosi polmonare. Non tutti i pazienti avevano avuto un’infezione confermata da Covid-19, suggerendo che anche un’infezione lieve potrebbe causare questa forma di dermatomiosite. Del caso del famigerato virus che aveva paralizzato il mondo, però, sembra che la percentuale sia più alta.
La MIP-C si differenzia dalla sindrome già conosciuta per il suo tasso di progressione, mortalità e comportamento. Gli esperti hanno riscontrato otto decessi su 60 casi. La ricerca si è concentrata nel Regno Unito, ma si ritiene che la malattia si sia diffusa anche in altre parti del mondo, sebbene al momento manchino dati specifici al riguardo.