
Il femminicidio di Giulia Cecchettin, la giovane studentessa di ingegneria biomedica, è un caso che ha scosso profondamente l’Italia, mettendo in luce le dinamiche oscure e tragiche della violenza di genere. Giulia fu brutalmente assassinata l’11 novembre dell’anno scorso, e il suo corpo fu ritrovato solo una settimana dopo vicino al lago di Barcis, in Friuli. L’ex fidanzato, Filippo Turetta, 23 anni, è al centro delle indagini e ora rischia l’ergastolo.
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Le indagini, chiuse dalla procura di Venezia, hanno rivelato un quadro agghiacciante: Turetta seguiva ogni movimento di Giulia tramite un’app-spia installata sul suo cellulare, controllando telefonate, messaggi e altre applicazioni. Questo controllo ossessivo culminò in un piano criminoso dettagliato, organizzato almeno quattro giorni prima del delitto.
Il piano di Turetta: le ricerche e i materiali usati per assassinare Giulia
Il piano di Turetta era meticolosamente organizzato: si procurò attrezzature per sequestrare e aggredire Giulia, tra cui nastro isolante, manette e cordame. Studiò anche i dettagli della fuga, preparando contanti, abiti puliti e provviste per evitare il più possibile il contatto con altre persone.
L’inchiesta ha mostrato come Turetta avesse pianificato ogni dettaglio dell’omicidio, incluso l’occultamento del cadavere. Aveva anche scritto un file sul suo computer su come immobilizzare Giulia con nastro adesivo, un file poi cancellato ma recuperato dagli esperti informatici. Le ricerche su internet includevano anche località di montagna dove il crimine poteva essere più facilmente realizzato.
Il sostituto procuratore Andrea Petroni e il procuratore capo Bruno Cherchi hanno condotto un’indagine basata su prove solide e dati obiettivi, indipendentemente dalle dichiarazioni difensive di Turetta. Il caso è un esempio sconcertante di come la violenza di genere possa trasformarsi in un crimine pianificato con precisione e freddo calcolo.
La procura ha lavorato insieme ai difensori della famiglia Cecchettin, Nicodemo Gentile e Stefano Tigani, raccogliendo prove decisive che includono messaggi e testimonianze delle amiche di Giulia. Questi documenti hanno evidenziato lo stalking e le intimidazioni subite da Giulia, frutto dell’atteggiamento possessivo e violento di Turetta.
Ora, mentre il caso si avvia verso il processo, la procura spera in un giudizio equo e senza eccessiva esposizione mediatica, per garantire che i giudici popolari possano esprimersi senza essere influenzati dal clamore del caso. Turetta, che è difeso dal penalista Giovanni Caruso, ha ancora la possibilità di chiedere una perizia psichiatrica.