
Chico Forti, il 65enne trentino rilasciato nei giorni scorsi da un carcere della Florida dopo 24 anni di detenzione, è arrivato in Italia. L’aereo con a bordo l’uomo è atterrato all’aeroporto militare di Pratica di Mare, dove ha incontrato il premier Meloni. Ora sarà portato “per qualche giorno” a Roma, nel carcere di Rebibbia e poi trasferito nel penitenziario di Verona. Forti è stato condannato all’ergastolo per un omicidio avvenuto nel 1998 a Miami. La famiglia: “Decisivo l’intervento del governo Meloni”. La sua liberazione, benché imprevista, segna una significativa vittoria per il governo italiano, che ha lavorato intensamente e in riserbo con le autorità americane per facilitare il suo rientro.
Il governo Meloni si è impegnato sin dal suo insediamento per il rientro del 65enne trentino nel nostro Paese. “Una grande vittoria dedicata a chi, come i suoi cari, ha lottato per anni con coraggio affinché si riuscisse a ottenere il suo trasferimento”, aveva detto la premier dagli Stati Uniti annunciando la notizia. In un tweet postato poi dopo l’arrivo di Forti, Meloni ha ringraziato la diplomazia e le autorità Usa.
Chico Forti è tornato in Italia. Fiera del lavoro del Governo italiano.
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) May 18, 2024
Ci tengo a ringraziare nuovamente la diplomazia italiana e le autorità degli Stati Uniti per la loro collaborazione. pic.twitter.com/EiPDtb854L
Chico Forti, la storia: l’omicidio Dale Pike
Chico Forti, al momento del suo arresto, era un produttore televisivo di 41 anni. Fu ritenuto colpevole dell’omicidio di Dale Pike nel 1998, un caso che sollevò numerose controversie e dibattiti sull’adeguatezza delle prove presentate. La condanna si basava principalmente su testimonianze circostanziali, e Forti è sempre rimasto fermo sulla sua innocenza, criticando il processo come ingiusto.
Durante il processo, durato 28 giorni, l’accusa sostenne che Forti avesse ucciso Pike per motivi economici legati a un affare immobiliare. Nonostante l’assenza di prove scientifiche concrete, la giuria lo trovò colpevole, influenzata anche dalla sua dichiarazione iniziale alla polizia, che si rivelò falsa.
La liberazione di Forti non è solo il risultato dell’azione legale ma anche di un’intensa attività diplomatica. Diversi governi italiani si sono susseguiti nell’impresa di riportarlo in patria, negoziando con le autorità americane e invocando la Convenzione di Strasburgo, che permette ai detenuti di scontare la pena nel proprio paese d’origine.
Il caso di Chico Forti solleva questioni profonde sulla giustizia e l’efficacia del sistema legale internazionale. Il suo trasferimento in Italia non è solo una questione di politica estera o di diritti umani; è anche un simbolo della lotta continua per la giustizia e l’equità, elementi che dovrebbero sempre prevalere nelle relazioni internazionali e nei sistemi giudiziari. Il suo arrivo è atteso con ansia e speranza, segnando forse la fine di una lunga battaglia legale e personale per Forti.