
Un incubo quello affrontato da una giovane liceale torinese. “Fossi in te mi toglierei la vita. Pensa, frequentare la terza a diciotto anni. Che sfigata” o ancora “Vai via. Non ti vogliamo”. Questi gli insulti ricevuti dai compagni. Insulti che l’hanno spinta a denunciare e fare nome e cognome di chi la tormentava da anni.
Spintoni in palestra nelle ore di ginnastica, scherzi nelle altre: “Mi spostavano la sedia per farmi cadere”. C’è chi prende i suoi libri dall’armadietto e li butta per terra, chi le blocca la porta della classe. Molestie verbali sempre più insistenti, fino ad arrivare alle minacce: “Ti faccio saltare in aria” o “Ti strappo i capelli dalla testa”. E gli altri ridono. Di ritorno da una gita, tre ragazze raccolgono da terra della sporcizia. Foglie, mozziconi di sigarette, una busta di gomme da masticare. Tutto quello che riescono ad afferrare. Offese, le umiliazioni, viaggiano anche sui social. Su Instagram, Whatsapp è un susseguirsi di insulti e fotomontaggi. Pure a sfondo sessuale. A decine. Così tanti che ad un certo punto, su un pullman, la diciottenne sviene.
“Avevo paura. Era una tortura continua. Mi dicevano: “La tua vita non ha senso. Non ha senso che tu continui a vivere”. E me lo dicevano in faccia”. Al suicidio? “Sì, ci ho pensato. Se ti ripetono ogni giorno che non vali nulla, finisci per crederci”. Amiche a scuola, lei non ne ha. Confidarsi con i genitori? “Temevo di farli preoccupare. Sono arrivati in Italia dal Marocco per garantirmi un futuro, e io non volevo deluderli”. I professori? “Con qualcuno avevo provato a parlarne. Nessuno mi ha difesa. Giusto qualche discorso generico in classe dicendo che avremmo dovuto essere tutti amici”.
Dopo le terribili violenze, decide di denunciare. La procura dei minori di Torino apre un’inchiesta, acquisisce screenshot delle chat, raccoglie testimonianze. Un ragazzo viene indagato per stalking. Abbandona la scuola perché non ce la fa a vedere di nuovo chi l’ha tanto umiliata. “E quei bulli – racconta – sono tutti ancora lì. Mentre io mi nascondo. Sono triste, mi sono isolata”. Dal liceo? “Nessuna chiamata. Nessuno ha fatto nulla. Nessuno si è preoccupato”. Infine, l’ultimo pensiero, il più difficile: “Ho già perso due anni. Questo è il terzo. Stavo anche recuperando delle materie, andavo bene. Mi impegnavo. Quella gente mi ha portato via tutto”.
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