
Il redditometro divide la maggioranza di governo e rischia di far schizzare verso l’alto l’asticella della tensione a pochi giorni dalle Europee. Lo strumento di lotta all’evasione fiscale – appena reintrodotto da un decreto firmato dal viceministro dell’economia Leo (FdI) – è finito infatti nel mirino di Forza Italia e Lega che si dicono «contrari» allo strumento di accertamento della ricchezza e hanno chiesto immediati chiarimenti.
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Poche ore dopo la pubblicazione del decreto – che consentirà accertamenti sulle dichiarazioni a partire dal 2016 – è stata Forza Italia ad andare all’attacco: “Rimettono il redditometro? Non credo proprio…” ha detto il capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri. Parole seguite da quelle della Lega, con il deputato Alberto Gusmeroli a tuonare a sua volta: “Noi crediamo che il miglior modo per far emergere il sommerso sia semplificare il fisco che è tra i più complicati al mondo e gradualmente ridurre la pressione tributaria, oltre ovviamente ai controlli, ma non crediamo a strumenti induttivi di accertamento come il redditometro“. Toccherà quindi a Fratelli d’Italia assumersi la responsabilità dell’iniziativa, anche se nel partito di Giorgia Meloni per ora non si bada troppo alle frizioni.

Quali spese saranno controllate dal fisco
Rientrano tutte le spese relative ai cellulari, ma anche quelle per gli abbonamenti streaming, i videogiochi, gli sport, il mantenimento degli animali domestici. Persino i tagli dei capelli dal parrucchiere, le cene a ristorante e gli hotel. Considerato che all’elenco vanno aggiunte le spese più classiche per gli accertamenti – casa, bollette, auto, viaggi, trasporti – al nuovo Redditometro non sfuggirà niente. La mente dietro il provvedimento del governo Meloni è il viceministro dell’Economia Maurizio Leo: c’è la sua firma sul decreto che ripristina lo strumento di «accertamento sintetico», pubblicato in Gazzetta Ufficiale ieri, 20 maggio.
Storia del Redditometro
Una prima versione del Redditometro appare nel 1993. Poi, nel 2010, il governo Berlusconi ne introduce uno più simile a quello appena approvato. Funzionava con l’attribuzione di coefficienti a beni come immobili e veicoli. Da lì si presumeva la fascia di reddito dell’individuo. Poi, nel 2018 l’uso del Redditometro fu sospeso, ritenendo che per il futuro lo strumento dovesse essere elaborato dopo una concertazione con l’Istat e le associazioni dei consumatori.
Così, si è arrivati al decreto Leo: un ventaglio di elementi che supera il concetto di mero possesso di beni e investimenti delle versioni precedenti e amplia le spese da considerare.
I contribuenti saranno suddivisi su base geografica, in cinque territori con necessità di reddito diversi, e in undici tipi di nuclei familiari. Ad esempio, un lavoratore che vive in una cittadina del Sud avrà dello soglie di reddito inferiori rispetto a un collega in un grande centro urbano del Nord. Quest’ultimo, a sua volta, dovrà sostenere delle spese superiori per beni, servizi e, eventualmente, per l’affitto.