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Premierato, le vere conseguenze della riforma che Giorgia Meloni sogna

Pubblicato: 22/05/2024 11:03
Italian Prime Minister, Giorgia Meloni, during her meeting with President of European Council Charles Michel at Palazzo Chigi in Rome, Italy, 30 January 2023. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

L’Italia è ferma da anni per una perifrasi, il combinato disposto. Potrebbe tradursi in ipotesi di fregatura. Quale? Viaggia al Senato, in tempo elettorale, di scandali corruttivi, di Chicco Forti e di poteri deboli, la ingioiellata riforma Casellati, il Premierato, che fortissimamente volle Giorgia, oggi, presidente Meloni ieri. Sembra la mela di Isaac Newton, ma l’emerito Pera, persona fuori contesto per cultura personale in questo emiciclo, la contesta. Potrebbe essere questione ortofrutticola ma cerchiamo di capire quel che il volgo trascura.

Una riforma costituzionale che rafforza la governance, come fu indirettamente la riforma Renzi, crea un dubbio. Con quale legge elettorale si determina il Premier rafforzato? E qui casca l’asino del combinato disposto, perché mentre i temi riguardanti la governance sono costituzionali, e quindi, a meno che la maggioranza non trovi i due terzi, la eventuale riforma è sottoposta al discernimento, se così si può dire, del popolo, la legge elettorale che elegge il futuro Premier è materia ordinaria, decisa e votata a maggioranza semplice senza nessun passaggio referendario.

E qui il dubbio di ulteriore sconvenienza democratica, il succo di Pera, in sostanza. Cioè se passa il Premierato poi questa maggioranza si fa una legge elettorale a suo uso e consumo. Ma non si è già fatto così in passato? Si, ma il Premier non era costituzionalmente così forte ed era controbilanciato da un Presidente della Repubblica più forte rispetto all’attuale riforma. Si chiama equilibrio dei poteri, c’era un certo Montesquieu che ne parlava prima di Google. La combinazione tra governance, forma di potere, e modello di conquista della stessa, legge elettorale, potrebbe portarci ad un rafforzamento dell’arbitrio di una minoranza, ancor più di oggi, soprattutto in combinazione del crollo dei votanti.

Da una Democrazia ad una Minorcrazia. Si ribalterebbe il detto latino, ubi minor maior cessat. O padri costituzionali, troppo ottimisti sulla democrazia italiana raggiunta, non vollero mettere in costituzione la legge elettorale, ma forse fu un errore fatale, oggi ci abbiamo messo pure il fiscal compact. Fatta una legge (costituzionale) trovato l’inganno. Forse fare una legge elettorale di rango costituzionale, che riporti il popolo a votare, coniugando la rappresentanza, gli eletti, con gli elettori, sarebbe la vera riforma del sistema. Una tale riforma riporterebbe la politica ad occuparsi dei temi che interessano i cittadini che li votano, e non a pensare dalla mattina alla sera al fotticompagno reciproco.

Professor Pera, anche a costo di fare una figura Williams, ci pensi lei a presentare una legge elettorale da inserire in Costituzione, facendo emergere le ipocrisie dei fronti avversi, ed a fare finire questo teatrino inutile e dannoso.

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