
Antonino Cannavacciuolo, uno degli chef più celebri in Italia, non ha paura di rompere gli schemi quando si tratta di cucina. Nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha sollevato un dibattito accattivante dichiarando che “La cucina italiana non esiste“. Questa audace affermazione non è solo un’affermazione provocatoria, ma una riflessione sulla natura dinamica e sempre in evoluzione della gastronomia italiana.
Leggi anche: Arrestata in aeroporto per possesso di droga la rapper Nicki Minaj
Cannavacciuolo sottolinea che sebbene l’Italia sia rinomata per i suoi prodotti di alta qualità e per la ricchezza delle sue tradizioni culinarie locali, la cucina italiana è intrinsecamente permeata da influenze globali. È un melting pot di sapori, tecniche e culture culinarie provenienti da tutto il mondo. Come afferma lo chef campano, “Ogni tanto leggo di gente che insorge perché si cambia un ingrediente da un piatto tipico, e a me viene allora voglia di farlo, per provocazione: non stiamo salvando vite umane, la cucina è piacere, bisogna farla come più ci ingolosisce”.
Il rapporto con il padre
Il rapporto di Cannavacciuolo con la sua arte è profondamente radicato nella sua storia personale. Cresciuto in una famiglia dove suo padre desiderava che intraprendesse una carriera tradizionale, come quella di medico o avvocato, Cannavacciuolo ha lottato per perseguire la sua passione per la cucina. Questo conflitto generazionale si riflette nel fatto che il padre non ha mai elogiato i piatti stellati del figlio, nonostante il suo successo e la sua fama. Come rivela lo chef stesso, “Voleva che io diventassi medico, architetto o avvocato. Io mi sono impuntato e a 13 anni gli ho detto: o mi fai fare il cuoco o non faccio niente”.
L’esperienza di Cannavacciuolo nelle cucine stellate, grazie al background culinario del padre, ha plasmato la sua visione della gastronomia. Da adolescente, ha avuto l’opportunità di lavorare con chef di fama mondiale, apprendendo non solo le tecniche culinarie di alto livello, ma anche il rigore e la passione necessari per eccellere nel mondo della ristorazione. Come egli stesso racconta, “Grazie a una consulenza di Marchesi nel ristorante in cui lavoravo ho capito cosa fosse il mondo stellato: fino a quel momento pensavo di essere bravo, invece di colpo sono passato dalle medie all’università”.
I programmi tv
Ma è attraverso i suoi ruoli televisivi, in particolare in programmi come “Cucine da incubo“, che Cannavacciuolo ha raggiunto una vasta popolarità in Italia. Il suo obiettivo non è solo quello di creare piatti straordinari, ma di rendere felici le persone attraverso il cibo. Come confida lo chef, “È un programma a cui sono molto legato perché l’obiettivo è rendere felici le persone. Spesso, quando riparto, la gente piange”.
Quando si tratta dei suoi sogni culinari, Cannavacciuolo si lascia ispirare dalla cultura giapponese. Ammira il rispetto sacro che i giapponesi hanno per gli ingredienti e il loro approccio meticoloso alla preparazione del cibo. È attratto dall’idea di immergersi in un mondo culinario in cui “C’è del sacro attorno a ogni ingrediente”.
Leggi anche: Enrico Ruggeri: “Il fascismo? L’unica dittatura che ho conosciuto è quella del lockdown”