Nazir Masih, un cristiano di 63 anni, non è sopravvissuto alle conseguenze della violenta aggressione subita il 25 maggio. Accusato di blasfemia, era stato assalito da una folla inferocita e ieri mattina è deceduto nell’ospedale di Rawalpindi, in Pakistan.
Un’aggressione devastante
L’assalto è avvenuto nella sua abitazione a Sargodha, nella provincia del Punjab. La polizia aveva portato Nazir Masih in ospedale dopo l’aggressione, avvenuta anche davanti ai membri della sua famiglia. Il figlio Sultan aveva tentato di salvarlo, ma è stato fermato dalla polizia e arrestato. Gli assalitori, credendolo morto, hanno devastato la sua casa, il suo calzaturificio e il negozio della figlia.
Accuse infondate e tensioni religiose
Le indagini suggeriscono che i frammenti di pagine del Corano ritrovati sul luogo del presunto rogo siano stati collocati appositamente per incitare la rabbia della comunità musulmana. Questo episodio si inserisce nel contesto di tensioni religiose verso le minoranze, accentuate alla fine del Ramadan. Nazir Masih era riuscito a creare una modesta impresa che dava lavoro anche a correligionari, suscitando invidia e inimicizia.
Reazioni e richieste di giustizia
L’aggressione ha suscitato numerose reazioni sia a livello nazionale che internazionale. In diverse città si sono tenute manifestazioni per chiedere indagini efficaci e imparziali. Monsignor Samson Shukardin, presidente della Conferenza episcopale cattolica, ha sottolineato come l’inerzia delle autorità incoraggi accuse di blasfemia strumentali e pericolose. Anche il Consiglio dell’ideologia islamica ha condannato le aggressioni come «spregevoli» e «non islamiche», esortando i tribunali speciali a fare giustizia e a punire i colpevoli secondo la legge.