Sono molti i nomi illustri che sono usciti con le ossa rotte da questa tornata elettorale. Qualcuno per non aver raggiunto la quota di preferenze necessaria, qualcun altro perché correva in un partito che non ha superato la soglia di sbarramento del 4% necessaria per approdare a Bruxelles. E non mancano quelli che hanno tentato l’azzardo, scommettendo tutto in sfide che si sono rivelate perdenti. La carrellata di quelli che non ce l’hanno fatta comincia, noblesse oblige, dai due leader di Stati Uniti d’Europa, la formazione nata dall’unione fra Italia Viva di Matteo Renzi e Più Europa di Emma Bonino. La delusione, per due personaggi così famosi e che tanto hanno navigato nelle acque della politica, è stata cocente. Fermi al 3,6% dei consensi in un’elezione che, soprattutto per Bonino, doveva essere territorio amico, sono entrambi rimasti fuori dal Parlamento Europeo. Lo stesso discorso vale per Calenda, i cui insuccessi elettorali con la sua Azione si susseguono di volta in volta. Il progetto, insomma, proprio non sembra decollare. Nemmeno in Europa. (continua dopo la foto)

Ma ci sono anche e soprattutto i candidati bocciati dagli elettori nonostante le loro formazioni abbiano superato la soglia di sbarramento. A cominciare dal vulcanico Vittorio Sgarbi, sempre al centro dell’attenzione, che è andato in giro a fare campagna elettorale su un Van ribattezzato “capramobile”. Il richiamo al suo celebre insulto nei confronti di chi non gli garba, evidentemente, non è bastato. Così come non si è rivelata molto felice la scelta della deputata europea uscente, la leghista Susanna Ceccardi, di porsi in alternativa, in una specie di gioco della Torre, a Ilaria Salis. Dalla torre alla fine è caduta lei. Altro bocciato illustre, l’economista della Lega Claudio Borghi, sempre molto presente sui social. Gli strali lanciati da Borghi nei confronti di Mattarella pochi giorni prima delle Europee, evidentemente, non hanno funzionato. Restano fuori anche l’ex leghista Reguzzoni, nonostante il dichiarato appoggio di un Umberto Bossi in rotta totale con Salvini, e con ogni probabilità l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio, candidato indipendente con il Pd, che aveva provocato polemiche con le sue dichiarazioni anti-Nato. (continua dopo la foto)

Tornando a chi non è passato a causa della soglia di sbarramento, un risultato deludente ha caratterizzatoi le “performance” del nuovo movimento di Michele Santoro, che non ha superato il 2%, e dell’ammucchiata di sigle che Cateno De Luca, ex entusiasta dei vaccini folgorato sulla via di Damasco, ha raccolto sotto la sigla Libertà: 19 simboli per raggiungere un 1,2% raccolto, oltretutto, soprattutto a Messina e provincia. L’improvvisa svolta anti europeista dell’ex sindaco di Messina, insomma, non ha convinto gli elettori, così come la decisione di mettere insieme sigle che di primo acchito c’entravano poco l’una con l’altra. Un altro “pasionario” uscito malissimo dalle Europee è stato il sindaco di Terni Stefano Bandecchi con la sua Alternativa Popolare, noto alle cronache per la sua, chiamiamola così, esuberanza verbale e caratteriale. Il suo linguaggio colorito (“un uomo normale guarda il c**o di una donna e forse ci prova” una delle ultime uscite pubbliche) non lo ha portato oltre a uno striminzito 0.5% dei consensi.