
Nel dibattito sull’autonomia differenziata, spesso si perde di vista un problema strutturale che affligge l’Italia: la spesa corrente incontrollata. Questo fenomeno rappresenta una vera e propria malattia per il Paese, impedendo ogni possibilità di investimento produttivo e di progresso sostenibile. Si tratta di una situazione che non riguarda solo il flusso di denaro dalle regioni più ricche a quelle meno sviluppate, ma di un sistema che, nel suo complesso, soffoca qualsiasi tentativo di crescita.
Quando Mario Draghi ha parlato di “debito buono” e “debito cattivo“, ha messo in evidenza proprio questa problematica. Il debito buono è quello che viene utilizzato per finanziare investimenti che creano valore e sviluppo, come infrastrutture, ricerca e innovazione. Il debito cattivo, invece, è quello che alimenta una spesa corrente inefficiente, fatta di sussidi, sovvenzioni e spese a pioggia che non producono alcun beneficio a lungo termine.
In Italia, la spesa corrente rappresenta una fetta enorme del bilancio pubblico. Ogni anno, miliardi di euro vengono destinati a mantenere in vita un sistema inefficiente che non riesce a generare crescita. Questo tipo di spesa, invece di promuovere l’innovazione e lo sviluppo, perpetua uno stato di dipendenza e immobilismo. Le risorse vengono disperse in un mare di sovvenzioni e aiuti che, nella migliore delle ipotesi, coprono appena le necessità immediate senza affrontare i problemi strutturali.
La conseguenza di questa dinamica è che il Paese non riesce a unificarsi realmente, né a costruire un percorso di progresso condiviso. Le regioni che ricevono trasferimenti e sovvenzioni continuano a dipendere da queste risorse senza sviluppare una propria capacità economica autonoma. Questo circolo vizioso impedisce all’Italia di diventare un Paese realmente integrato e competitivo a livello globale.
Per rompere questo schema, è necessario ripensare radicalmente il modo in cui vengono utilizzate le risorse pubbliche. L’Italia deve iniziare a investire in progetti che generino valore a lungo termine, come infrastrutture moderne, innovazione tecnologica e istruzione. Solo così si potrà creare un circolo virtuoso di crescita e sviluppo, capace di ridurre le disparità regionali e di costruire un futuro più prospero per tutti.
Finché il sistema continuerà a basarsi su una spesa corrente elevata e improduttiva, l’Italia non riuscirà mai a unificare il Paese né a costruire un progresso reale. È necessario un cambiamento di rotta che privilegi gli investimenti produttivi e che promuova uno sviluppo sostenibile e inclusivo. Solo in questo modo si potrà garantire un futuro di crescita e benessere per tutte le regioni italiane, superando finalmente le divisioni che attualmente impediscono una vera coesione nazionale.