
La confessione di Filippo Turetta, accusato dell’omicidio di Giulia Cecchettin, presenta numerose discrepanze e punti oscuri. Durante l’interrogatorio del 1 dicembre, Turetta ha fornito una ricostruzione incerta e frammentaria dei fatti, sollevando diversi dubbi tra gli inquirenti. E così ha continuato anche nelle deposizioni più recenti.
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Uno dei principali punti critici riguarda il destino del telefono e del tablet di Giulia, oltre al coltello usato nel delitto. Turetta ha dichiarato di aver gettato questi oggetti in una buca nei pressi di Fossò, in provincia di Venezia. Tuttavia, nonostante le ricerche, questi non sono stati ritrovati. Questa mancanza di riscontri concreti alimenta le incertezze attorno alla confessione del giovane.
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Il percorso della fuga
Un altro aspetto controverso riguarda il percorso della fuga. Turetta ha descritto di aver attraversato una rotonda con quattro diramazioni: Padova, Santa Maria di Sala, Pianiga e un altro paese non specificato. Neppure con l’ausilio di Google Maps si è riusciti a individuare il luogo esatto descritto dall’imputato, aumentando ulteriormente le discrepanze nella sua testimonianza.
Turetta ha sostenuto di avere intenzioni suicide e di volersi nascondere in montagna per “rallentare un po’”. Ha citato Piancavallo, vicino al lago Barcis, come possibile destinazione. Tuttavia, durante l’interrogatorio, il pubblico ministero ha evidenziato le incongruenze tra queste dichiarazioni e le evidenze raccolte nell’inchiesta.
La strategia per evitare l’ergastolo
Con la richiesta di rinvio a giudizio, Turetta è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà ed efferatezza, sequestro di persona, occultamento di cadavere e stalking. Reati che potrebbero portare a una condanna all’ergastolo. Gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera potrebbero optare per il giudizio immediato in Corte d’Assise e, con tutta probabilità, richiederanno una perizia psichiatrica per il loro assistito.
Le incongruenze nella confessione di Turetta lasciano molti interrogativi aperti. La mancanza di prove tangibili, come il ritrovamento degli oggetti descritti, complica ulteriormente il quadro. La strategia difensiva, che potrebbe includere la richiesta di perizia psichiatrica, sarà decisiva nel determinare il corso del processo e il destino del giovane accusato. sulla base delle sedute con alcuni psicologi nei mesi prima del femminicidio.