
La speranza di una “breve vacanza” in vista del primo luglio, nella certezza dell’assoluzione da parte della Cassazione, non esiste più. Magistrati e forze dell’ordine a Brescia sono ormai certi che Giacomo Bozzoli, condannato all’ergastolo per aver gettato lo zio Mario nel forno della fonderia di famiglia a Marcheno nel 2015, abbia scelto la via della fuga all’estero e di una “latitanza pianificata più lunga possibile”. Da lunedì, assieme al fuggitivo, sono scomparsi anche la compagna Antonella Colossi e il loro bambino, che il 9 luglio compirà nove anni.
A complicare le ricerche in tutto il mondo, dopo che tribunale e procura hanno emesso il decreto di latitanza e il mandato di arresto estero allargato ai Paesi extra Schengen, una sorprendente sequenza di depistaggi, di azioni tese a rallentare le indagini e a rassicurare tutti sul fatto che l’imputato avrebbe atteso la sentenza definitiva nella villa gardesana di Soiano del Lago.

Secondo fonti investigative non confermate, domenica 30 giugno, quando il fuggitivo era ancora un imputato non sorvegliato e in piena libertà, i documenti di Giacomo Bozzoli e della compagna Antonella sarebbero stati registrati in un hotel “nella penisola iberica”, verosimilmente in Spagna. La procura, in attesa di ulteriori verifiche, valuta la pista “con estrema prudenza”. Ai magistrati non risultano al momento passaggi alle frontiere di Francia e Spagna, monitorate dalle telecamere, del suv Maserati Levante a bordo del quale potrebbe essersi allontanata la famiglia Bozzoli.
I dubbi degli inquirenti sull’auto usata per la fuga
Altri due elementi autorizzano la cautela degli inquirenti: difficile pensare che un condannato per omicidio, nelle possibilità di procurarsi falsi certificati d’identità e deciso a fuggire, consegni i propri documenti reali in un albergo Ue, come un turista qualsiasi. La Maserati di Giacomo Bozzoli inoltre è dotata di un dispositivo antifurto elettronico non disattivabile, che la rende rintracciabile ovunque. L’auto non risulta essere transitata da Francia e Spagna e al momento sembra anzi svanita nel nulla. Questa circostanza nelle ultime ore contribuisce a ridimensionare anche il valore delle registrazioni delle telecamere di domenica 23 giugno. Quella mattina, tra le 5.51 e le 6.03, la Maserati è stata inquadrata per strada all’ingresso di Manerba e Desenzano, a pochi chilometri dalla residenza di Soiano. Non è però mai entrata in autostrada ed è presto scomparsa senza lasciare traccia.

Poche ore prima, attorno alle 3.30, si sono spenti anche i cellulari di Giacomo e Antonella. Proprio sui telefonini, sequestrati durante la perquisizione nella villa di Soiano, si concentra ora l’attenzione degli inquirenti. Risulta che il latitante potesse disporre di molti apparecchi e di decine di sim, anche straniere. Il fatto che da oltre dieci giorni si sia eclissato con compagna e figlio lasciando i telefonini a casa, in modo da rassicurare sulla propria presenza nel Bresciano chi avrebbe potuto cercare di localizzarlo alla vigilia della sentenza della Cassazione, per magistrati e forze dell’ordine conferma l’intenzione di fuggire e non di assentarsi “per il tempo strettamente necessario a sottrarre il figlio allo shock mediatico di condanna e arrestato”.
Le testimonianze dei parenti di Giacomo Bozzoli e Antonella Colossi
Dubbi e preoccupazioni, tali da spingere al sequestro dei cellulari, sono estesi anche alle testimonianze di Adelio, padre di Giacomo, e di Daniele Colossi, padre della compagna e noto gallerista di Brescia. Adelio ha detto ai carabinieri che il figlio sarebbe andato in ferie perché “convinto dell’assoluzione”. Daniele prima ha indicato la Francia quale destinazione di “una breve vacanza”, poi ha smentito dicendo di non sapere dove si trovino il genero, la figlia e il nipotino. A chi indaga sembra inverosimile che una figlia, che fino alla scomparsa lavorava ogni giorno nella stessa galleria d’arte, dopo otto anni e mezzo di processi se ne vada a pochi giorni dalla possibile conferma di un ergastolo per il padre di suo figlio, senza comunicare al proprio padre la data e la destinazione del viaggio. A ingarbugliare ancora di più la matassa dell’ennesimo mistero del caso Bozzoli, le testimonianze secondo cui Giacomo potesse disporre in realtà di varie automobili, tra cui un suv Jaguar bianco, visto nel Bresciano fino a una decina di giorni fa. Il padre Adelio, fratello della vittima, convocato giovedì sera per chiarimenti ha riferito all’avvocato di essersi sentito male mentre era a casa e non si è presentato.
Una simile montagna di reticenze, di misteri, di false piste, di azioni studiate nei dettagli, di tracce tutte da verificare e di riscontri che richiedono tempi lunghi per trovare conferma, stanno ormai convincendo magistrati e forze dell’ordine che Giacomo Bozzoli, la compagna Antonella e il loro bambino abbiano scelto infine di “fuggire all’estero, il più lontano possibile e per un periodo nelle intenzioni non breve”, probabilmente in una nazione dove l’estradizione verso l’Italia risulta complicata. Per studiare il piano di fuga e preparare la latitanza Bozzoli ha potuto beneficiare di molto tempo, di un patrimonio occulto potenzialmente depositato all’estero da anni, di relazioni internazionali fitte e inconfessabili, non solo nei Balcani, grazie all’impresa siderurgica di famiglia e al commercio di materiali ferrosi. Tra le ipotesi che si fanno strada, la probabilità di un piano attentamente preparato da tempo, ma fatto scattare solo lunedì, nel momento della conferma della condanna all’ergastolo in Cassazione. Tra le destinazioni monitorate ora dall’Interpol in Africa, Asia, Emirati Arabi e America Latina, alcuni paradisi fiscali, Paesi dove una seconda cittadinanza è acquistabile, le nazioni extra Ue più frequentate da latitanti e criminalità organizzata, dove l’estradizione non è scontata. Sulla fuga di Giacomo Bozzoli pesa come un macigno la presenza della compagna e del figlio: senza una svolta positiva nelle prossime ore, fa sapere la procura di Brescia, saranno braccati “con ogni mezzo, ovunque e fino all’inevitabile arresto” dell’omicida atteso dal carcere a vita.